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lunedì 16 febbraio 2015

1915-2015 100 anni della Prima Guerra Mondiale - i Fratelli Calvi


I fratelli Calvi, Attilio, Santino, Giannino e Natale furono militari ed ufficiali degli alpini, che operarono durante la prima guerra mondiale.
Nati verso la fine del XIX secolo a Piazza Brembana, paese dell'alta Val Brembana in provincia di Bergamo, dal cavaliere Gerolamo Calvi, a lungo sindaco del paese, e da Clelia Pizzigoni in Calvi, legarono i propri nomi alle vicende belliche legate alla “grande guerra”.
Ardimentosi nel conseguire l'obbiettivo, avevano un animo bellico d'altri tempi, quasi romantico, che li distinse al punto da fruttare loro ben 15 medaglie al valor militare, di cui alcune alla memoria.
Natale Calvi (Piazza Brembana, 26 febbraio 1887 – Gruppo dell'Adamello, 16 settembre 1920) è stato un militare italiano.
Primo dei quattro fratelli, e meglio conosciuto come Nino, era un grande appassionato di montagna, che visse sempre intensamente a causa del fatto che il paese in cui nacque era immerso tra le cime delle prealpi Bergamasche.
Maturò quindi grande esperienza in ambito alpinistico diventando membro, al pari del fratello Attilio, di un gruppo di arrampicatori su roccia. Ottenne anche un buon grado d'istruzione, conseguendo la maturità classica. Non poté proseguire gli studi a causa della chiamata per la spedizione in Libia, nella quale venne inquadrato come ufficiale nel 5º alpini.
Ritornato in patria nel 1914, fu nuovamente chiamato alle armi per l'avvento della prima guerra mondiale, e fu inserito nel battaglione "Edolo" del 5º alpini con il ruolo di ufficiale. Fin dai primi combattimenti, che lo videro impegnato tra i monti della zona dell'Adamello e del Tonale, mise in evidenza la tempra ed il carattere che lo contraddistinguevano e che, uniti all'ottima familiarità con le montagne, gli fecero ottenere la promozione a ruolo di capitano.
Gli venne inoltre affidato il compito di addestrare le reclute alla vita d'alta quota ed all'utilizzo delle attrezzature sci-alpinistiche, al fine di migliorane le prestazioni durante le esplorazioni, le spedizioni ed i combattimenti sulle vette del confine tra Italia ed Impero.
E fu con questo importante ruolo che partecipò a numerose battaglie nella zona dell'Adamello, ove era posto il confine con l'Impero austro-ungarico. Una delle più importanti, nell'aprile del 1916, fu senza dubbio quella che venne ribattezzata la battaglia della Lobbia. A lui venne affidata una delle tre armate d'attacco, ed un'altra all'inseparabile fratello Attilio.
L'obbiettivo era la conquista del Dosson di Genova, zona strategica per la supremazia della zona. In condizioni estreme, tra ghiacci e pallottole nemiche, riuscì a portare a termine il suo compito (situazione che gli fruttò una medaglia d'argento), ma al rientro al quartier generale venne a conoscenza della morte in battaglia del fratello.
Questo evento lo scosse molto, e si decise a proseguire con sempre maggiore ardore il suo compito nelle operazioni belliche, al fine di onorarne la memoria.
Nei mesi successivi, a partire dal maggio 1916, fu impegnato nella battaglia per la conquista del corno di Cavento, una delle cime del gruppo dell'Adamello. Nelle prime battute di questa battaglia, al comando della 1ª compagnia, riuscì a sorprendere il nemico con un'operazione coordinata con i vertici militari. Il possesso della cima venne alternato più volte tra le due potenze in lotta, e le lotte si protrassero per più di due anni. In queste condizioni, ad oltre 3400 metri di altitudine, si fregiò di un'altra medaglia, questa volta in bronzo. Dopo essere stato trasferito nella zona del Monte Grappa, venne ferito nell'ottobre del 1918, rimanendo mutilato ad un piede.
Nonostante questo, una volta terminata la guerra, si cimentò in arrampicate di parecchie vette. E fu proprio durante una di queste, nel settembre del 1920 sulla parete Nord dell'Adamello, che perse la vita, travolto da una valanga. Vicino a dove cadde valorosamente il fratello Attilio. Alla memoria gli venne assegnata una medaglia d'oro e la croce di guerra.
Anche queste vette tuttora lo onorano: poco distante dal Rifugio Garibaldi, allora quartier generale di quelle operazioni belliche, si può infatti trovare la cima Nino Calvi, appartenente al gruppo dell'Adamello.
Attilio Calvi (Piazza Brembana, 4 novembre 1889 – Temù, 1º maggio 1916) è stato un militare italiano.
« Il suo nome avrà onore imperituro »
(Cesare Battisti)
Dopo aver avuto la possibilità di intraprendere gli studi, che gli permisero di ottenere la laurea in legge, Attilio non poté esercitare a lungo la professione di avvocato, dato che già nel novembre del 1911 fu chiamato a servire la patria nella guerra italo-turca. Arruolato nella 51ª compagnia del Battaglione Alpini Edolo inquadrato nel 5º Reggimento alpini con il grado di sottotenente, ebbe modo di mettersi in evidenza tanto da essere insignito con una medaglia di bronzo al valor militare, grazie alla calma ed al coraggio messi in campo.
Grande conoscitore delle montagne, esperto alpinista nonché membro di un noto gruppo di arrampicatori su roccia, allo scoppio della prima guerra mondiale, il 23 maggio 1915, fu inquadrato nella 50ª compagnia del battaglione degli alpini "Edolo" con il ruolo di tenente. Nello stesso corpo ebbe modo di stringere amicizia con Gennaro Sora, bergamasco come lui, e fare conoscenza con il volontario Cesare Battisti.
I primi combattimenti lo videro impegnato nella zona del Montozzo, nei monti tra l'Adamello ed il Tonale. Qui si distinse per l'ardore e l'abnegazione per la causa, cosa che gli fece ottenere la stima sia dei superiori che dei suoi soldati. In tal senso, il 21 agosto durante la spedizione volta alla conquista di Punta Albiolo, sita nel gruppo del Tonale, sfidando il pericolo riuscì ad espugnare la postazione degli austriaci. Questa situazione gli valse la sua seconda medaglia di bronzo.
Il mese seguente, precisamente il 25 settembre, si rese protagonista anche della conquista del Torrione dell'Albiolo. Con soli quattro uomini e sotto il fuoco del nemico distante solo una decina di metri, con la sua proverbiale calma portò l'assalto decisivo, situazione che gli valse un'altra medaglia, questa volta d'argento.
Con l'inizio dell'autunno venne trasferito al Rifugio Garibaldi, dove era presente anche il fratello Natalino, al fine di preparare una nuova battaglia sull'Adamello.
Nell'aprile del 1916 fu impegnato nell'aspra lotta volta ad ottenere la supremazia sulla zona dell'Adamello. Le operazioni, dirette dal comandante Giordana, prevedevano la partenza dal rifugio Garibaldi, quartier generale degli italiani, e la suddivisione in tre tronconi dell'armata d'attacco. La prima fu affidata proprio ad Attilio Calvi, la seconda a suo fratello Natalino, capitano di compagnia, mentre la terza al sottotenente Del Curto. L'andamento della battaglia, rinominata la battaglia della Lobbia, fu incerto fino all'ultimo, ma l'abilità dei due fratelli fece in modo che l'esito sorridesse alle truppe italiane. Attilio Calvi in particolare, dopo aver svolto il compito assegnatogli, andò ad aiutare il terzo nucleo che, in difficoltà, era rimasto sulle posizioni iniziali, senza riuscire a conquistare il Dosson di Genova. Il suo intervento fu risolutivo poiché, dopo uno smodato utilizzo di artiglieria pesante, la conquista della zona divenne realtà con la ritirata degli austriaci.
In una giornata da tregenda, tra le nubi basse, le nevi del ghiacciaio ed i cornicioni di pietra ad oltre 3000 metri di quota, rimasero feriti a morte molti alpini. Tra loro anche Attilio Calvi, che si spense dopo due giorni di agonia, il primo dei fratelli a cadere in guerra. A lui venne dedicata una di queste cime, appartenente al gruppo dell'Adamello, ribattezzata proprio Cima Attilio Calvi, a quota 3291 metri s.l.m..
Alla memoria gli fu conferito il grado di capitano, e venne decorato con altre due medaglie d'argento, la croce francese e la croce di guerra.
La sua figura venne inoltre ricordata in seguito da Bortolo Belotti, che ne fece eseguire un busto marmoreo nella propria villa a Zogno, come esempio di coraggio e amore per la patria. In un suo libro così lo ricordava:
« guarda nel mio giardino Attilio Calvi, volgere gli anni e corrucciato in volto, il suo presente spirito rivela »
La morte di Attilio Calvi è stata narrata nel frammento narrativo "Immagine di Calvi", compreso nella raccolta Il castello di Udine (1934) di Carlo Emilio Gadda.
Santino Calvi (Piazza Brembana, 3 maggio 1895 – Gallio, 10 giugno 1917) è stato un militare italiano.
Santino aveva uno spirito esuberante, che lo portò ad essere definito "il ribelle" della famiglia.
Dopo aver conseguito il diploma al liceo classico, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Torino. Ma il suo animo turbolento lo spinse ad arruolarsi volontariamente, poco prima della ferma obbligatoria.
Questo ardore lo mise in evidenza fin dalle prime battute della “grande guerra”, tanto che già il 29 maggio 1915, cinque giorno dopo l'inizio del conflitto, fu insignito della prima medaglia d'argento al valor militare. Ciò avvenne quando, con il grado di sottotenente del 6º battaglione Alpini Bassano, si distinse con un'azione sulla cima Vezzena che ne evidenziò l'ardore nel combattimento: uscì per ben tre volte dalla propria trincea sfidando il fuoco nemico, al fine di portare in salvo commilitoni feriti dagli austriaci. La sua indole lo portava a cercare azioni piene di rischi: a tal riguardo, durante una cordata svolta nel mezzo della notte ed in condizioni assolutamente disagevoli, nel freddo di dicembre, venne colpito al viso da una pallottola che gli frantumò la mandibola. Si racconta che anche durante la degenza spingeva al fine di poter rientrare a partecipare alle azioni belliche. Questi suoi sentimenti vennero amplificati dalla voglia di vendicare la morte del fratello Attilio, ucciso dal fuoco austriaco in Val Camonica.
Nel luglio dell'anno del 1916 assunse il comando di un reparto di alpini, che guidò nel tentativo di conquistare il Monte Campigoletti, nella zona dell'altopiano di Asiago. Nonostante il coraggio che mise in campo e che riuscì a trasferire anche ai suoi uomini, il tentativo non andò a buon fine. Quest'azione gli valse un'altra medaglia al valor militare, questa volta di bronzo, unita all'encomio solenne del comandante della sua armata.
Nel marzo del 1917 vi fu un'altra situazione che lo vide protagonista: gli austriaci riuscirono a raggiungere, mediante una galleria scavata durante la notte nella neve, la trincea degli italiani della 62ª compagnia del battaglione alpini Bassano, comandata proprio da Santino Calvi. Questi stavano per raggiungere anche la trincea di resistenza, ma furono fermati dal Calvi che, con una serie di bombe a mano e colpi d'arma da fuoco, riuscì a ritardare l'avanzata nemica e permise ai suoi uomini di riorganizzarsi e cacciare il nemico oltre le linee. Questo episodio tuttavia screditò il Calvi presso i suoi superiori, con i quali si assunse la responsabilità dell'impreparazione del proprio reparto.
In ogni caso la sua fama non ne risentì, tanto che gli venne affidato un incarico di grande importanza: la conquista del passo dell'Agnella, da cui poi poter accedere al monte Ortigara. Il compito era rischioso: bisognava infatti riprendere le postazioni perse in primavera, ma lui accettò con il solito entusiasmo. Tuttavia era ben conscio del pericolo imminente, tanto da spedire una lettera alla madre che sembrava ad una lettera d'addio. Disse inoltre ai suoi uomini
« Vedrete, oggi, come sanno morire gli ufficiali degli Alpini Italiani »
Il 10 giugno 1917 iniziarono i combattimenti, che presto raggiunsero un livello di recrudescenza mai visto: era iniziata la tristemente nota battaglia dell'Ortigara.
Il Calvi avanzava alla testa del suo plotone che era falcidiato dalle pallottole nemiche. Dopo aver conquistato un'importante postazione degli austriaci, con l'obbiettivo del passo dell'Agnella oramai alla portata, venne colpito alla spalla e, anche se a livello superficiale, alla fronte. Nonostante questo continuava ad incitare i propri uomini ad avanzare. Fu un'altra pallottola che gli trafisse il cuore e lo costrinse alla resa. Capì che la sua ora era arrivata e disse
« Chesta l'è chèla giösta »
(questa è quella giusta)
Alla memoria gli fu assegnata la croce di guerra, una targa d'oro dai commilitoni ed un'altra medaglia d'argento al valor militare con la seguente motivazione:
« Mirabile esempio di slancio e di ardimento, con impareggiabile impeto conduceva il proprio reparto all'assalto di forti posizioni. Primo ad attraversare le linee dei reticolati ed a penetrare nelle trincee avversarie, uccideva a colpi di baionetta i più vicini difensori. Ferito alla testa, si slanciava con pochi uomini all'inseguimento del nemico in fuga finché un altro proiettile lo colpiva a morte »
Giannino Calvi (Piazza Brembana, 6 maggio 1899 – Padova, 11 gennaio 1919) è stato un militare italiano.
Il più piccolo dei quattro, Giannino aveva un animo molto semplice.
Distolto dai fratelli dai suoi intenti di sacerdozio, rimase molto colpito dalla morte di Attilio e Santino, tanto da volerli vendicare a tutti i costi.
Appartenente all'eroica classe del 1899, partì per la guerra dopo aver seguito un corso per ufficiali in quel di Parma e fu assegnato al corpo dei mitraglieri, comandato dal fratello Natalino.
Rifiutò l'esonero dalla prima linea al fine di onorare la memoria dei congiunti caduti, tanto da scagliarsi più volte nella mischia.
Nelle battaglie del Monte Grappa, nell'ottobre del 1918, si batté a fianco del fratello, rimanendo illeso.
Al termine della guerra, sulla via del rientro a casa, rimase vittima dell'epidemia di febbre spagnola, che lo uccise dopo una breve agonia, senza aver potuto rivedere i suoi familiari.
Gli fu assegnata una croce di guerra alla memoria.
Il padre, duramente provato dagli eventi legati ai figli, morì di dolore poco dopo il termine della guerra, lasciando sola la madre. Donna di grande carattere, cercò di onorare la memoria dei figli raccontandone le gesta. Venne ribattezzata “mamma Calvi” e divenne un punto di riferimento per chiunque nella zona avesse bisogno di conforto.
Il rientro delle salme al paese natale avvenne il 30 ottobre 1921 tra solenni cerimonie, celebrate sia nel capoluogo orobico, che in tutta la valle Brembana. Attestati di cordoglio vennero inviati anche da alcune delle maggiori personalità del tempo, tra le quali il re Vittorio Emanuele III, Benito Mussolini e Gabriele D'Annunzio, che donò una cospicua somma per la realizzazione di un monumento a Piazza Brembana che così ricorda i quattro fratelli:
« Natale, Attilio, Sante, Giannino
Fiore dell'italica gioventù, orgoglio della natìa Piazza Brembana
I quattro fratelli Calvi, con impeto d'aquila, difesero in guerra le vette della patria Morte li spense, gloria li cinse d'alloro immortale »
Anche la città di Bergamo decise di onorarli dedicando loro una via, ma soprattutto un monumento nel centro della città bassa. Collocato nell'attuale piazza Matteotti, di fronte alla sede municipale, venne realizzato nel 1933 dall'architetto Giuseppe (Pino) Pizzigoni (1901-1967).
Eseguito in marmo di Zandobbio a base pentagonale ed alto più di cinque metri, presenta su ognuno dei lati le effigi bronzee dei fratelli realizzate da artisti bergamaschi, e sul quinto lato l'immagine della vittoria. Sul resto del monumento sono inoltre presenti dei bassorilievi, eseguiti da Giacomo Manzù, indicanti i luoghi e le date delle quindici medaglie meritate dai fratelli Calvi durante la guerra.
Nel corso del 1952 venne inaugurato anche un altro monumento dedicato ai fratelli al Passo del Tonale. Si tratta di un bronzo di pregevole fattura, inserito nel monumento dei Caduti.
In alta valle Brembana, in territorio di Carona (BG), a 2.015 slm è situato il Rifugio Fratelli Calvi.

Il presente racconto è stato tratto da Wikipedia.










 

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