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lunedì 15 agosto 2016

Ma che avrà questo matto di Blogger... per pubblicare un post di croci nel giorno di Ferragosto?
Nulla, proprio nulla.
Il silenzio di questa valle, di notte, la sola luce della mia finestra e l'aria fresca che sale portando l'odore dell'erba tagliata, non hanno un tempo specifico, questa mia notte non ha un tempo specifico, quello che vi racconterò non ha un tempo specifico, forse non dormirò anche se il tempo lo consiglierebbe, forse andrò a letto quando tutti saranno in moto con barbecue al seguito in direzione dei boschi, che questa notte respirano perché non c'è l'uomo e mi donano il loro profumo fatto di felci e umidità.
Non considerando quindi il tempo specifico, che per tutti è il giorno di ferragosto, avevo voglia di condividere con voi una mattina in cui mi sono concesso un viaggio fuori dalle regole che ci siamo fissati per l'estate.
Sapevo che poco fuori Bolzano, in località San Giacomo (St. Jakob) c'era un cimitero Austro-Ungarico e mi sono recato di mattina preso a visitarlo. Era un richiamo, sapevo che erano li e non potevo non passare a salutarli, nemici di un tempo che la madre terra ha di nuovo riunito sotto una croce di ferro battuto dopo il loro sacrificio.
Se il racconto vi annoia non leggetelo, se il viaggio vi sembra assurdo non seguitelo, mi basta condividerlo con quei pochi matti che ancora si emozionano ad aprire un cancello cigolante di un cimitero di guerra e ne ascoltano ogni piccolo rumore; i passi sulla ghiaia, il rumore dell'acqua delle fontane e ne osservano ogni scritta ed ogni foto ripensando alle grandi battaglie che quei ragazzi vissero, agli scontri che segnarono la prima e la seconda guerra mondiale. Un viaggio che inizia con il silenzio della mattina mentre ti fai la barba e ti vesti, al fresco dell'alba, al viaggio con il navigatore a cercare St. Jacob, alla colazione nel primo bar aperto con il Gruss Gott di rito all'ingresso e l'aufidersen all'uscita e poi quel cancello che cigola nel silenzio di una città che ancora non si sveglia e la vista che si apre sulla storia.
 
 
Croci di ferro sormontate da una cornice di protezione che l'inverno si riempie di neve...
 
 
 
 
Due piloti della Luftwaffe, caduti nel 1944 a Luglio e Ottobre
 
 
Due soldati delle Waffen SS..
 
 
Due fratelli caduti su fronti diversi, uno sul Gran Sasso a Giugno del 1944
 
 
La parte austro-ungarica è molto interessante: si tratta infatti del primo cimitero militare costruito in Alto Adige, sorto nel 1859 per dare degna sepoltura ai caduti sudtirolesi morti nella battaglie della Seconda Guerra d'Indipendenza. Immediatamente si aggiunsero anche le salme di coloro che erano caduti dieci anni prima, durante la Prima Guerra d'Indipendenza, e quelle dei soldati morti nel 1866 durante la guerra austro-prussiana. Curato e amministrato dalla "Militärveteranenverei Bozen" (Associazione Veterani di guerra di Bolzano) sin dal 1874, il cimitero ha accolto successivamente le 1502 salme di soldati austro-ungarici caduti durante la Grande Guerra e 142 della Seconda Guerra Mondiale. In tutto risultano quindi 3938 tombe.
Questa parte di camposanto ospita anche diversi monumenti che ricordano momenti significativi della storia degli ultimi due secoli. Spiccano ad esempio una croce in ricordo dei prigionieri di guerra russi della Prima guerra mondiale e una struttura ottagonale con otto colonne e capitelli risalente al 1917. Esiste anche una cappella votiva, eretta con il classico stile neo-gotico dell'epoca, che oltre alla funzione religiosa ne ricopre una storica: sulle pareti esterne infatti vi sono diverse lapidi commemorative come quella che ricorda i 33 poliziotti sudtirolesi uccisi durante la Resistenza in Via Rasella a Roma nel 1944 (a cui seguirà la tragica rappresaglia delle fosse Ardeatine) o quella in memoria dei sudtirolesi caduti nel corso della guerra fascista in Etiopia (1935-1937).
(fonte dati: Itinerari della Grande Guerra)
 
 
Le croci segnano i contorni delle aiuole e delle strade
 
 
 1915, un caduto sull'Isonzo...
 
 
1943, un caduto di Stalingrado....
 
 
1941, un caduto del Nord Africa, Afrikacorps
 
 
Altri due fratelli ed altre due vite spezzate nel Montenegro e sul fronte di Nettuno, le lettere arriveranno alla madre una dopo l'altra a distanza di un mese.
 
 
Un marinaio della Prinz Eugen, la grande corazzata Tedesca
 
 
 
1916, caduto sul Pasubio
 

 
 
 
La famiglia Seebacher presente in entrambi i conflitti....
 
 
1942, un caduto di El Alamein....
 
 
 
 
 
 
 
 
 
1914,1917 i fratelli Zeller in Polonia e Galizia, si ritroveranno di nuovo qui.
 
 
Anche la famiglia Mock, presente in entrambi i conflitti...
 
 
 
 
Caduto in Italia....
 
 
 
Caduto nel 1954 in Indocina....
 
 
 
 
L'adiacente cimitero italiano risale invece al 1926 ed ospita 261 caduti (115 della Grande Guerra e 141 della Seconda Guerra Mondiale). Inizialmente il progetto prevedeva la creazione di un ossario, come testimonia il gruppo scultoreo ancora ben visibile formato da 3 statue: la "Madre Italia", vestita con una tunica e con le braccia aperte, e due guerrieri, di ispirazione classica ma con in testa un elmo della Prima guerra mondiale. Successivamente però si decise di tumulare i resti dei soldati in loculi disposti alla base del monumento. Tutte le restanti tombe invece risalgono alla Seconda Guerra Mondiale.
(fonte dati: Itinerari della Grande Guerra)
 
 
 
 
Il Cimitero militare Italiano non è bello e curato come quello Austro-Ungarico, fino allo scorso Giugno era ricoperto di erbacce e solo per una recente azione di pulizia e valorizzazione fatta da Casapound ed altre associazioni è ritornato ad essere un cimitero militare dove si onorano i caduti.
 
 
 
 
Tra le lapidi spicca quella del Generale Ferruccio Brandi medaglia d'oro al valore militare ad El Alamein.
 

 
«Comandante di plotone paracadutisti, attaccato da preponderanti forze corazzate, rincuorava ed incitava col suo eroico esempio i dipendenti a difendere a qualsiasi costo la posizione affidatagli. Sorpassato dai carri, raccolti i pochi superstiti, li guidava in furioso contrassalto, riuscendo a fare indietreggiare le fanterie avversarie seguite dai mezzi corazzati. Nuovamente attaccato da carri, con titanico valore, infliggeva ad essi gravi perdite ed, esaurite le munizioni anticarro, nello estremo tentativo di immobilizzarli, si lanciava contro uno di questi e con una bottiglia incendiaria lo metteva in fiamme. Nell’ardita impresa veniva colpito da raffica di mitragliatrice che gli distaccava la mandibola; dominando il dolore si ergeva fra i suoi uomini, e con la mandibola penzolante, orrendamente trasfigurato, con i gesti seguitava a dirigerli, e ad incitarli alla lotta, tra fondendo in essi il suo sublime eroismo. Col suo stoicismo e col suo elevato spirito combattivo salvava la posizione aspramente contesa e, protraendo la resistenza per più ore, oltre le umane possibilità, s’imponeva all’ammirazione dello stesso avversario. I suoi paracadutisti, ammirati e orgogliosi, chiesero per lui la più alta ricompensa.»


El Munassib (Africa Settentrionale), 24 ottobre 1942.
Decreto Presidenziale 11 aprile 1951
 

Il cancello di nuovo cigolava, la città si era svegliata, le macchine correvano veloci lungo la strada che costeggia il cimitero, da un bus fermo sulla strada la gente mi osservava uscire ma non guardava oltre; oltre il cancello, oltre la siepe, non guardava le croci di ferro battuto e le bianche lapidi degli italiani.
Ed io guardavo fissi loro, nei secondi che passavano dallo scatto del semaforo.
Il bus ripartì e nessuno scese alla fermata, nessuno.
Rimasi solo, salutai, come facciamo noi matti, col saluto militare e tornai a vivere la mia Estate, che sentivo di amare tanto, come la vita.
Era il messaggio che mi avevano lasciato loro, dietro a quel cancello, attaccati un giorno alla vita sapendo di non avere speranze per poterla vivere tutta.
 
Godetevi il Ferragosto.
 

 

 

 

 

 

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 





















 


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