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mercoledì 20 novembre 2013

LA BATTAGLIA DI MONTELUNGO - CRONACA DI UNA SCONFITTA E DI UNA VITTORIA

 
 
“Si sono battuti da leoni" - Montelungo 1943
Monte Lungo 8 Dicembre 1943
La storia
Dopo l’8 settembre alcuni reparti dell’esercito Italiano non si diedero alla fuga con quel rompete le righe generale, che il film di Alberto Sordi “tutti a casa” ha raccontato in maniera mirabile. Molti soldati rimasero uniti ai loro superiori e molti altri organizzarono al meglio gruppi di partigiani rifugiandosi sulle montagne e diventando una spina nel fianco della Wehrmacht.
Il 28 settembre radio Londra dava il messaggio che si era costituito un contingente italiano libero da ogni legame con il passato; era il “Primo raggruppamento motorizzato” costituito da molti giovani di leva e  parecchi studenti; al comando, alle dipendenze della 5a Armata America di Mark Clark, il generale Vincenzo Dapino .
L’organizzazione logistica  e la dotazione di questa unità combattente era assai carente a seguito della perdita di diversi magazzini militari: razzie operate sia dalle truppe occupanti tedesche sia dalle truppe alleate che intendevano così rifornire la resistenza yugoslava.
 A dispetto della propria denominazione  “ Primo gruppo motorizzato”  la dotazione di mezzi risultava assai carente, disomogenea e priva di magazzino ricambi per gli autocarri, le automobili e per le poche  motociclette.
Particolarmente inadatto l’equipaggiamento personale; divise estive di cotone utilizzate per la campagna d’Africa, fucile modello 1891 e bombe a mano di tipo SRCM 8 (27 grammi di polvere da sparo)
Lo stato Maggiore italiano, per entrare al fronte, chiese maggiore dotazione; verso l’ex nemico però,  prevalse la diffidenza dei nuovi alleati anglo-americani e  l’unità dovette affrontare uno degli inverni più rigidi di cui si aveva memoria, con divise estive di cotone ed armamento del tutto inadeguato.
Anche gli approvvigionamenti alimentari erano carenti  tanto che il Gen. Dapino dovette farsi portavoce con gli alleati sollecitando cibo per i propri soldati affamati ed anche vessati dalla popolazione.
In quel di Avellino infatti, nei giorni precedenti l’ingresso al fronte, accadde che, a seguito della decisione di apporre sulle divise lo stemma del Raggruppamento che inglobava quello  sabaudo, (decisione dettata dalla sola necessità di avere un vessillo sul quale far pesare ai soldati il giuramento di fedeltà) un giornale del luogo  “Irpinia Libera”   scrisse articoli contro le truppe dell’Esercito del Sud; li si accusava  di nostalgia  del fascismo e della monarchia e si definivano gli appartenenti “truppa al soldo dei Savoia” dimenticando tra l’altro che a Bari, già il 9 settembre 1943, il LI btg Bersaglieri aveva combattuto contro 200 Guastatori Tedeschi della divisione “Goering”, che avevano il compito di far saltare il porto, costringendoli alla ritirata.
Tale attacco morale ebbe importante rilevanza sul disorientamento della truppa che, alla vigilia dell’ingresso al fronte, si interrogò sul mancato supporto della popolazione e dell’opinione pubblica.
Considerata la situazione, gli Alleati decisero di far entrare subito in azione il piccolo contingente italiano e scelsero per la prima prova Monte Lungo a sud di Cassino; la decisione non cadeva a caso, gli americani sapevano delle difficoltà che si celavano dietro la conquista di questo monte.  Si trattava infatti di combattere su terreno aspro, in trincea, come nella prima guerra mondiale ed a tal fine dopo un mese di fronte senza risultati evidenti, decisero  di impegnare il reparto italiano  considerandoci quasi “carne da cannone”.
La forza d'attacco era composta dal 67° Reggimento fanteria, dal LI Battaglione bersaglieri, dal 11° Reggimento artiglieria, da una compagnia mista del Genio e alcuni reparti di servizi tra cui quelli Postali; a questi si aggiunsero, nei giorni precedenti l’azione,  dei volontari provenienti dal nord Italia ed un gruppo di allievi del Collegio navale di Venezia fuggiti per arruolarsi nel LI bersaglieri.
L’insieme del raggruppamento contava  5000 uomini di cui 1500  come forza di prima linea.
Il reparto  raggiunse il teatro delle operazioni trasportata con i camion fino  al bivio di Presenzano e poi a piedi  seguendo la via Casilina fino a Monte Lungo.
La 3° compagnia del LI bersaglieri raggiunse il bivio di Presenzano in motocicletta , dopo un viaggio interminabile nel fango, sotto la pioggia battente.
Le operazioni, elaborate dal comando della 36a divisone “Texas” prevedevano l’attacco Italiano diretto su Monte Lungo posto al centro della valle di Mignano mente gli alleati avrebbero attaccato i due rilievi, Monte Maggiore e Monte Sammucro, posti ai lati della valle, per contrastare il tiro incrociato che da queste posizioni si sarebbe scatenato sugli assalitori posti al centro.
Le loro previsioni non si avverarono; gli alleati non riuscirono a prendere il controllo dei lati a seguito di forti contrattacchi tedeschi ed il Comando operazioni americano non avvertì  gli Italiani della nuova situazione tattica.
Quella mattina, quando ancora nel buio sul Montelungo gravava una fitta nebbia, i fanti ed i bersaglieri eseguirono gli ordini partendo all’attacco con le sole informazioni ricevute dagli americani prima dell’attacco, scarse ed imprecise, pensando di trovare pochissima resistenza..

 
Non fu così!
Raggiunti, la 2° compagnia del LI bersaglieri la base del monte ed lil 1° Btg  del 67° fanteria la quota senza numero, non appena l’oscurità diede spazio alla luce e la nebbia si diradò, i soldati italiani furono falciati dal tiro delle mitragliatrici MG sapientemente appostate: Il loro ripiegamento fu poi impedito  dal sapiente tiro dei mortai e dai cecchini appostati fra le rocce.
Le compagnie avanzanti  in breve fu decimate nella truppa e nei comandi e rimasero prive di collegamenti.
I pochi  fanti del 67° reggimento fanteria che erano riusciti ad occupare la quota principale di Monte Lungo ed i bersaglieri nella valle del Peccia furono costretti ad  attendere le tenebre per ripiegare.
Il primo attacco a Monte Lungo, dunque era fallito e sul terreno già si contavano a decine i caduti e di feriti che fu possibile recuperare solo dopo molti giorni.
 il conto finale di quella mattina fu di 47 caduti, 102 feriti e 155 dispersi.

Le compagnie di rincalzo, sotto il tiro dei mortai   si attestarono sulla linea di resistenza, coincidente con le posizioni di partenza del mattino sistemandosi  in trincea come nella prima guerra mondiale, in condizioni limite, co viveri a secco, senza acqua, sotto la pioggia, con il solo riparo del telo tenda di ordinanza.
In queste condizioni gli Italiani  tennero le posizioni incalzando il nemico dall’8 al 16 dicembre 1943 in attesa del nuovo ordine di attacco che venne dato alle ore 9,15 del 16 dicembre.
 Questa volta l’attacco fu meglio organizzato;  prima di risalire le rocce del monte i fanti ed i bersaglieri  furono preceduti da 45 minuti di preparazione della nostra artiglieria e di quella americana, attesero che  il 142° reggimento statunitense occupasse definitivamente Monte Maggiore, sul lato sinistro, impedendo al nemico di colpire gli Italiani ai fianchi.
Alle ore 12,30 la quota 343 di Montelungo era definitivamente in mano italiana, i Tedeschi dovettero retrocedere attestandosi sulla Linea Gustav 11 km più a nord.
La nostra Bandiera e quella americana sventolarono, per la prima volta unite, sulla cima di Monte Lungo.
Gli Italiani si erano battuti con coraggio ed avevano ottenuto anche se a caro prezzo la stima dei nuovi  alleati.
Un sottufficiale tedesco, ritrovati nella divisa i documenti di un nostro Caduto scrisse alla famiglia: “quel giorno ci stupimmo di vedere gli alleati venire all’attacco alla baionetta; poi, rastrellando il terreno, abbiamo trovato Caduti italiani ed allora abbiamo capito! Si sono battuti da leoni!”
 


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