In una giornata d'estate, di sole, caldissima, leggiamo
Loreto e subito ci vengono in mente i fratelli Polacchi e la nostra auto devia
quasi senza comando.
La ricerca è breve, il parcheggio fortunato, data la zona
fortemente turistica, e siamo sulla lunga scalinata che dalla sommità del paese
scende in basso, immersa nei pini con lo sfondo azzurro del mare.
Fa caldo, ma non lo sentiamo, il marmo bianco brucia gli
occhi, ma è troppa la voglia di porgere gli onori a questi fratelli in armi,
esuli per tutta l'Europa, combattenti coraggiosi, che diedero la fede a Dio, il
cuore alla Polonia, il sangue all'Italia, come scrissero sulla lapide a quota
593 di Cassino che vide i soldati Polacchi uccisi a centinaia per la conquista
di quella collina.
Nel silenzio comune a tutti cimiteri militari, croci
bianche, qualche foto, dei ricordi, bandiere e lumini.
Ma tra le tante croci, due lapidi ci hanno fatto riflettere
sulla condizione umana, due lapidi, di un soldato ebreo e di un soldato
mussulmano, unite sulla stessa linea, sulla stessa terra, dallo stesso ideale e
dallo stesso destino. Unite sotto la croce del cimitero, in gran parte
cristiano, a testimoniare che non esiste un Dio che opprime, ma che Dio è
libero e gli uomini che si riconoscono il lui, siano essi Cattolici, Ebrei,
Mussulmani, combattono e muoiono per la loro libertà e per la libertà di poter
credere ed onorare il proprio Dio e sentirsi liberi come coloro che non credono
in nessun Dio.
La terra alla fine raccoglie le spoglie ed è unica per
tutti, i simboli li lasciamo noi sopra per farlo capire, non per continuare ad
odiarci.
Sudati, ma pieni di tanta verità nel cuore, salutiamo i
fratelli Polacchi e torniamo a casa.
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