Montelungo: Il coraggio che sconfisse la paura
Ogni volta che torno a Montelungo, spesso in compagnia
dell’amico Paolo Farinosi, mentre percorro le ultime curve e la linea
inconfondibile del monte mi appare all’orizzonte, mi tornano spesso in mente le
parole dette dal Generale Mac Arthur ai Cadetti di West Point nel 1945.
Le sue parole, che leggerete per intero in fondo a questo
scritto, ricordavano ai giovani ufficiali che la giovinezza è uno stato dello
spirito che si alimenta con la libertà e l’immaginazione, con le emozioni e
l’amore, con il coraggio che sconfigge la paura.
Qui a Montelungo quei ragazzi, venuti da ogni parte d’Italia
nel 1943, hanno incarnato le parole del generale americano.
Ogni volta che ho la fortuna di poter stare accanto ad un
reduce mi accorgo che non è vecchio, perché il suo ideale non l’ha mai
abbandonato; la sua anima non è aggrinzita e il suo amore verso i compagni
caduti è immutabile dal giorno in cui li ha conosciuti come l’amore verso
coloro che si avvicinano per chiedergli di raccontare la sua storia.
Li ascolto parlare di Libertà con la stessa forza di un
giovane liceale che inizia a studiare la storia, la letteratura, la filosofia e
comprende quali sono i valori fondamentali di una società, di uno stato.Chiamati alle armi prima dell’8 Settembre del ’43, decisero, quando tutto sembrava crollare intorno, che l’Italia era una e doveva tornare libera. Il loro essere giovani di diciotto e vent’anni li portò ad affrontare una storia che ai nostri occhi oggi sembra più grande di loro e forse lo era.
Partirono per il sud d’Italia e risalirono la penisola alleandosi con i nemici di pochi mesi prima cercando di conquistare il loro rispetto e giunsero alle pendici di Montelungo, per il loro battesimo del fuoco, dopo un tragitto interminabile, ed entrarono con tutti gli onori, per primi nel 1945, nella Bologna liberata, dopo immani patimenti e tante perdite.
Il loro ideale non li abbandonò mai e quando videro in che condizioni era ridotta la popolazione Italiana, per effetto dei bombardamenti e della fame, la loro voglia di lottare divenne ancora più forte.
Dalla voce dei molti che sono sopravvissuti i ricordi spesso si posano su fatti che hanno segnato il morale di tutti, come la sera prima dell’attacco, quando videro morire senza un lamento il Caporal Maggiore Alfredo Aguzzi che sdraiato raccontava di voler andare al più presto a Roma dalla sua ragazza. Una scheggia di mortaio lo trafisse proprio al cuore.
Mario Cheleschi, nel suo testamento scritto il 30 Novembre del 1943 prima della partenza per il fronte, scriveva: “Lascio da uomo questa vita, non inquieto ma sereno, il Mistero dell’al di là è tanto grande!”
Non rinunciarono al loro ideale, sfidarono gli avvenimenti con il gusto per l’avventura, rimanendo per sempre giovani ai nostri occhi e a quelli di tutti coloro che salgono le scale bianche di marmo del Sacrario dove riposano i loro nomi.
Ho conosciuto la battaglia di Montelungo una mattina fredda d’Aprile dalle parole di Leone Orioli, un Bersagliere che aveva vissuto quei giorni ed era sopravvissuto.
Piccolo, coperto da cappotto sciarpa e cappello, con grandi guanti di pelle per sconfiggere un freddo per lui forse troppo gelido; appoggiato al muretto di quello che fu l’altare del primo cimitero del 67° Fanteria Legnano.
Ricordo ancora il vapore del suo alito mentre raccontava, sembrava non finire mai, tanti erano i ricordi e i pensieri che si affollavano nella sua mente.
Da quel giorno iniziai a scoprire che le pagine di storia di quei soldati non finiscono mai, tante sono le memorie e i fatti d’armi.
C’è un filo conduttore, rosso cremisi, che li unisce tutti;
ha avuto inizio a Marostica e non avrà mai fine.
Nessuno della mia famiglia ha combattuto nella seconda
guerra mondiale, ma sono stato accolto nell’associazione come uno di loro, sono
stato avvolto dal quel filo cremisi fino a ricevere l’onore di chiudere questo
libro al quale ho dedicato tutto il mio tempo e la mia passione insieme a
Paolo.
Volevamo che il messaggio dei Ragazzi di Montelungo, scritto
sui diari durante o dopo i fatti bellici, fosse raccolto in un unico grande
testo, perché i loro pensieri, guidati dal loro animo, fossero tutti insieme;
perché insieme hanno vissuto la loro giovinezza.
Non saranno mai vecchi ai nostri occhi e a quelli delle
prossime generazioni ogni volta che sfoglieranno questo libro o le copie
successive che ci saranno negli anni.
Idealmente ci rivolgiamo a Te, che leggerai queste pagine,
oggi come tra tanti anni; conserva questa memoria.
Se hai curiosità organizza con i tuoi amici un viaggio a
Montelungo; sali sul Sacrario, visita il museo e fai un’escursione lungo i
percorsi storici che troverai segnati e se sarai stupito e meravigliato e ti
domanderai “e dopo?” allora la tua giovinezza vivrà nello “stato dello
spirito”, come il loro, come il nostro. Luigi Settimi