Nel
viaggio in Puglia ed in particolare nella giornata dedicata a Trani,
ricercando i luoghi dove si scontrarono i bersaglieri dopo
l’armistizio, ci ha colpito la presenza di un monumento in una
delle più importanti piazze del centro di Trani, dedicato ad un
ufficiale tedesco dei fallschirmjäger … come poteva essere? Ci
siamo quindi recati sul posto ed abbiamo cercato informazioni su
questo soldato e sul motivo di questo monumento e lo stupore è stato
davvero grande.
Friedrich
Kurtz, questo era il suo nome.
Nacque
a Pirmasens nel 1915, da ragazzo, prima dello scoppio della guerra,
era impegnato come macchinista in una fabbrica di scarpe nella stessa
Pirmasens. Iniziò a frequentare la gioventù Hitleriana,
presentandosi come volontario quando tutta la Germania iniziava a
seguire le idee di Hitler.
Nel
1936 fu arruolato presso Landau per entrare nella Wehrmacht e
proseguì la sua carriera fino a diventare ufficiale.
Nel
1940 si offrì come volontario per entrare nei Fallschirmjäger
(paracadutisti); l’elite dell’esercito Tedesco.
Si
trovava a Trani nel settembre del 1943 con tutta la sua divisione.
Ma
cosa successe a Trani?
La
mattina del 18 settembre i cittadini Tranesi videro arrivare i
soldati tedeschi, erano paracadutisti, si fermarono in piazza
Vittorio Emanuele oggi piazza della Repubblica.
Una
volta scesi iniziarono a rastrellare la popolazione, senza
distinzione alcuna, su ordine dello stesso Kurtz che comandava quel
gruppo di fallschirmjäger, tra le urla i pianti e la fuga dei
Tranesi più distanti dalla piazza.
Raggrupparono
cinquanta persone sulla piazza e fu chiara allora la rappresaglia che
stava per essere messa in atto. Ma cosa era successo? La ricerca ci
ha portato a scoprire che il giorno precedente vennero uccisi cinque
soldati tedeschi da parte di un commando di parà canadesi con il
supporto di Bersaglieri (probabilmente del Cinquantunesimo).
Di
seguito vi riportiamo l’articolo pubblicato sul sito Traniviva.it
che racconta nei minimi particolari quanto accadde quel giorno.
...“Questo
il racconto di Raffaello Piracci, direttore del mensile Il
Tranesiere, che descrisse quello spietato rastrellamento di uomini
nel suo libro "Accadde a Trani nel '43" (Il Tranesiere
1983), e anni dopo nel libro "Trani in guerra" (Editore Il
Giornale di Trani) pubblicato postumo nel gennaio 2001. “I
Canadesi fecero fuoco con le mitragliatrici sui militari tedeschi ed
un camion germanico venne rovesciato per mezzo di bombe a mano,
mentre un altro riuscì a salvarsi ed a raggiungere Barletta. Nello
scontro rimasero uccisi cinque tedeschi. Nel pomeriggio successivo
del 17 settembre il Comando tedesco faceva bandire che per ogni loro
soldato trovato ucciso nel territorio di Trani avrebbe fatto passare
per le armi dieci cittadini»...
Questo
è quanto accadde il giorno prima; ma il racconto di Raffaello
Piracci prosegue..
.."Il
primo ad intervenire con grande coraggio fu il podestà Giuseppe
Pappolla, il quale, pur trovandosi nel suo villino di campagna a 3
chilometri da Trani, avvertito delle minacce tedesche di distruzione
della città qualora lui non si fosse presentato, non esitò a
prendere la bicicletta e presentarsi di buon mattino dinanzi al
plotone di esecuzione chiedendo alla fine di poter essere fucilato
lui al posto dei concittadini innocenti.
Visti
i reiterati dinieghi del comandante tedesco, il podestà pensò bene
di far avvertire l'Arcivescovo che intervenisse in difesa dei tranesi
confermandone l'innocenza. La missione fu affidata alla signora
Isabella Terrafino, consorte di uno degli ostaggi, la quale, con
altre mogli, si affrettò ad arrivare in Arcivescovado per invocare
l'aiuto e la presenza in piazza di monsignor Petronelli il quale non
esitò minimamente ed, affrettatosi a concludere la celebrazione
della messa, accompagnato dal suo vicario, monsignor Raffaele
Perrone, si recò in piazza per parlare con l'ufficiale tedesco
implorando la grazia per quegli ostaggi innocenti. Scrive a tal
proposito Piracci: «Ai ripetuti dubbi del tedesco, monsignor
Petronelli levò in alto la sua croce pettorale e disse testualmente:
Io non dico che la verità: ve lo giuro su questo Crocifisso. E così
dicendo strinse fortemente la sua croce». Ma l'ufficiale tedesco era
irremovibile, acconsentì soltanto acchè l'arcivescovo portasse via
con sé il primicerio Maggi, che era stato compreso tra gli
ostaggi.
Quando già in piazza c'erano Giuseppe Pappolla e
l'Arcivescovo, arrivò Antonio Bassi, noto scultore tranese ed
imprenditore del marmo, che all'epoca era segretario politico del
Fascio ed, in quanto tale, fu ascoltato dal tenente tedesco che lo
aveva fatto inserire tra gli ostaggi. Fortuna volle che Bassi, unico
fra tutti, sapeva anche all'epoca parlare il tedesco proprio per la
sua attività imprenditoriale, per cui tentò in tutti i modi di
farsi capire per scongiurare i tedeschi a desistere dal loro orribile
intento. Le trattative proseguirono ancora in piazza Teatro ed il
tempo giocò a favore dei tranesi perchè nell'animo del tenente
Kurtz si era già fatta strada la decisione di desistere da quel
proposito. Soprattutto di fronte alla tenacia del primo cittadino che
rimase in piazza sino alla fine dimostrando un grande senso del
dovere spinto fino all'eroismo, il tedesco finalmente stinse la mano
a Giuseppe Pappolla che ritornò libero insieme a tutti gli
ostaggi.
Alcuni giorni dopo, e precisamente nella mattinata
del 7 ottobre del 1943, venne a Trani lo stesso Re Vittorio Emanuele
III (che era in viaggio verso Brindisi) e conferì in piazza XX
Settembre la medaglia d'argento al valore militare a Giuseppe
Pappolla e Francesco Petronelli, ed a Raffaele Perrone la medaglia di
bronzo, per il loro coraggioso intervento a favore dei 50 ostaggi
tranesi. /.../
Si
dovrà giungere al settembre del 2005 per la completa identificazione
di quell'ufficiale tedesco, grazie alle ricerche dell'associazione
tranese Obiettivo Trani e di Francesco Pagano che riuscirono a
rintracciare il nome del comandante tedesco Friedrich Kurtz ed a far
venire a Trani il figlio che fu ricevuto a Palazzo di Città
dall'allora sindaco Giuseppe Tarantini. In quella stessa occasione,
il 18 settembre 2005, fu finalmente appagata l'antica richiesta del
Piracci di vedere eretta in piazza della Repubblica, in quello stesso
luogo, una stele recante i nomi dei 50 ostaggi e dei valorosi
protagonisti di quella giornata.
Ci sembra doveroso concludere con
le stesse parola scritte da Piracci e che sono sempre di grande
attualità: «Ricordiamo con rispetto tutte le vittime, tedeschi
compresi, gli ostaggi scomparsi e superstiti e tutti quei cittadini
responsabili, noti ed ignoti, che si adoperarono per mantenere vivo,
in tempi di tanto smarrimento morale, il senso civico dell'ordine e
credettero nella certa resurrezione dell'Italia e di Trani,
riconoscendone il fermento nella nobiltà del proprio animo e sulla
forza feconda del proprio esempio».
fonte
dati: Traniviva.it
E
sempre Raffaello Piracci, in "Accadde a Trani nel '43", non
ebbe difficoltà alcuna nel descrivere il "felice e commovente
epilogo", dopo che gli ostaggi erano già stati liberati, così:
"Ormai
col comandante tedesco restava il solo Giuseppe Pappolla nella più
trepida attesa e col vago presentimento che il comandante intendesse
sacrificare soltanto la sua persona, accogliendo la sua stessa
proposta. Ma in quei pochi istanti non pensieri di rappresaglia
occupavano la mente del Tedesco, ma piuttosto ammirazione e rispetto
per il senso del dovere spinto fino all'eroismo da parte del nostro
primo cittadino. Questi pensieri non potettero trovare espressione,
perchè due lingue diverse dividevano quegli uomini, ma si
manifestarono attraverso una stretta di mano, che il Tedesco porse
per primo a Giuseppe Pappolla....
Fonte
dati: articolo di Nico Aurora
Friedrich
Kurtz, per il suo chiaro rifiuto di obbedire ad un ordine
durante la guerra, vicino al fronte, fu trasferito per punizione sul
fronte orientale, rimase un ufficiale ma senza la possibilità di
avere promozioni. Lo stesso è accaduto ai (pochi) soldati tedeschi
che hanno rifiutato gli ordini di atrocità contro le popolazioni
civili altrove.
Tornò
sano e salvo dalla tragica ritirata del fronte orientale, Al termine
della guerra, a causa di un incidente dove fu gravemente ferito,
incontrò presso l’ospedale di Heidelberg, dove era ricoverato, la
donna della sua vita; che sposò e dalla quale ebbe tre figli,
vivendo fino al 1963, presso la città di Neckargemünd e
trasferendosi in seguito ad Annweiler am Trifels dove riprese a
lavorare in una fabbrica di scarpe come direttore vendite.
Mori
il 12 marzo del 1993, senza sapere che a Trani lo stavano cercando
per poterlo incontrare e per dire grazie a distanza di tanti e per
poterlo abbracciare.
L'abbraccio
ci fu lo stesso con uno dei paracadutisti presenti quel giorno, Heino
Niehaus, che all'epoca aveva diciotto anni.
Niehaus
non aveva mai raccontato a casa, in tanti anni, quanto era accaduto a
Trani, lo disse al figlio solo quando una produzione tedesca aveva
iniziato le riprese di un documentario sul miracolo di Trani
(allegato alla fine dell'articolo).
Niehaus,
commosso, disse che era un paracadutista, soldato semplice e doveva
solo eseguire gli ordini, il giorno dell'inaugurazione del monumento
al suo comandante disse:
"sono
felice che quella fucilazione non avvenne mai, ero un semplice
soldato e non approvavo affatto le leggi del regime nazista. A
dimostrazione di questo non mi sono mai iscritto al partito di
Hitler."
Piazza della Repubblica, Trani
Friedrich Kurtz
L'incontro del giovane soldato tedesco con i ragazzi
che avrebbe dovuto fucilare.
Heino Niehaus
(fonte foto: Trani Viva)
Concludiamo il racconto con questa foto, che ci sembra bellissima perchè crediamo sia la migliore immagine di cosa è stato il miracolo di Trani.
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