Due uomini, due percorsi diversi, un Battaglione e la sua storia di cui tanti parlano (spesso senza sapere..)
Periodicamente, fra articoli che narrano di eventi che realizziamo ed approfondimenti di fatti storici, dobbiamo mestamente dar notizia della scomparsa dell'ennesimo Reduce, fatto naturale visto il tanto tempo trascorso, ma non per questo meno doloroso per noi. Ne vogliamo ora ricordare due, a distanza di poche settimane l'uno dall'altro, entrambi molto importanti ed amati da questa Associazione pur nel loro diverso percorso di vita, anche associativa.
L'Associazione LI Btg. Bersaglieri AUC “Montelungo 1943”, sin dalla sua nascita formale nel 1952, volle raggruppare il massimo numero di appartenenti a quel reparto su cui cadde, in quell'autunno del 43, un peso gravoso che lo fece finire stritolato fra i fatti bellici e le necessità logistiche del rinato esercito italiano, di fatto facendolo prematuramente scomparire come unità combattente, dopo tanto sacrificio in combattimento.
Questo provocò grandi risentimenti che non finirono nell'immediato, tante vicende continuarono ben oltre nel tempo. Eppure, coloro che vollero far nascere l'Associazione Reduci del LI Btg. Bersaglieri AUC decisero che dovesse prevalere il piacere di incontrarsi e ricordare la loro giovinezza in armi, ma soprattutto tenere vivi il ricordo del sacrificio dei loro compagni caduti in combattimento ed i valori morali e la memoria della loro azione. Fu probabilmente come un riprendere quel corso di istruzione interrotto prematuramente e mai concluso per ordini superiori: un fatto da loro subìto come una grande ingiustizia (e non fu l'unica…). Crearono un sodalizio di ex combattenti che aveva prerogative anomale, volutamente non inquadrato in nessuna organizzazione, con totale indipendenza gestionale, anche se collaborativo con l'Associazione Nazionale Bersaglieri che, allora caso unico, concesse loro il libero utilizzo del Labaro associativo pur non costituendo Sezione ANB.
Con ricerche allora difficili, molti Reduci furono rintracciati, ed in questo si distinse Nando Giardini di Catanzaro, il primo dei due di cui oggi parliamo che, instancabile, per anni scavò fra gli archivi, nei documenti e nelle anagrafi per trovare indirizzi e convincere i meno decisi ad associarsi. Non tutti aderirono, ognuno aveva un suo perché, ognuno rispettabile. Tanto ardore e perseveranza Giardini la mantenne per tutta la sua lunga vita, era da tutti molto amato, cordiale, espansivo, sempre sorridente, ospitale e presente ai raduni.
E' scomparso dopo lunga malattia ai primi di settembre di quest'anno senza poter rivedere, come aveva da tempo richiesto, quelle carte e quei documenti cui tanto teneva e che aveva concesso in lascito al Comune di Mignano Montelungo.
Cosa avvenne in lui a ridosso di Montelungo non lo si sa, ma è certo quanto gli deve l'Associazione.
Il suo percorso personale, dopo Montelungo, lascia infatti straniti, a dimostrazione di quanto nell' Associazione si riuscì a creare un clima di conciliazione in nome di una fratellanza d'arme che raramente accade in Italia, paese perennemente diviso in fazioni. Giardini infatti nel dopoguerra si aggregò ad una cellula di resistenza di ispirazione fascista che operò clandestinamente contro "l'occupazione" alleata. Erano una ottantina e furono scoperti ed arrestati. Per fortuna non attuarono sabotaggi né uccisero o ferirono nessuno per cui furono condannati solo a pene detentive; su questa vicenda Giardini scrisse un libro, "La stagione dell'ira" che delinea anche la sua indole sensibile e pacifica, colma di amore patrio. Nella sua lunga vita rimarrà sempre impegnato in politica nei ranghi della destra.
Rosolo Branchi, il secondo Reduce di cui parliamo, avendo vissuto per lavoro per molti anni in Spagna, rientrato in Italia, conobbe l'Associazione nel 2006, quando ricevette una telefonata di Leone Orioli, suo compagno nella 3^ compagnia moto. Gli parlò dei "ragazzi", figli di reduci, che stavano cercando ex componenti del battaglione da video-intervistare per realizzare un progetto di creare un archivio della memoria dalle loro vive voci. Così conoscemmo Rosolo, nella sua casa in campagna a Capranica. Ci colpì per la sua schiettezza, per il suo modo asciutto di descrivere gli eventi e per la sua modestia. Collaborò e si incuriosì molto a noi "ragazzi del cinquantunesimo" (definizione coniata da Orioli) tanto che lo trovammo a Montelungo quello stesso dicembre accompagnato da suo figlio Andrea. Da lì cominciò un percorso pieno di eventi emozionanti, situazioni indelebili per fortuna ben documentate, compreso lo splendido documentario sul Battaglione curato dal figlio Andrea Branchi che coronò un sogno dell' Associazione che sembrava irrealizzabile. Che dire poi del testimone che ereditò da Leone Orioli di declamare i versi della poesia di Gianni Recchi "La Madonnina di Montelungo" durante le cerimonie al Sacrario di Mignano Montelungo. E che dire della sua toccante lettura della poesia sulle falde di Montelungo durante le esequie di Leone, con delle modifiche da lui apportate in ricordo del suo fraterno amico?
Anche il suo libro, "Nebbia amica", scaturì da quel ritrovare e frequentare persone che avevano vissuto quei fatti, un bel libro che vale la pena leggere. Si allontanò da noi dopo il dicembre del 2013; non condivise un gesto che era in incubazione da tanti anni, di cui si parlava già quando l'Associazione era guidata dai Reduci e non dai loro figli, un gesto conciliante nei riguardi del Battaglione Bersaglieri "Mussolini", unità costituita a Verona, nella seconda decade di settembre 1943, prima ancora cioè della nascita della Repubblica Sociale Italiana, quasi a sostituire nel nord Italia il LI trasferito in Puglia da Marostica nel luglio di quello stesso anno. Questo battaglione raccolse uomini, ufficiali, sottufficiali e soldati di disparatissime provenienze, prevalentemente di sottufficiali e bersaglieri rimpatriati dall'Africa settentrionale prima della battaglia di El Alamein, personale raccogliticcio che si era trattenuto nelle caserme dopo lo sfacelo dell’8 settembre e prigionieri già in avviamento nei campi di concentramento. Il reparto assunse casualmente il nome di Benito Mussolini in quanto alla sua costituzione Mussolini era dato per scomparso e venne schierato a difesa dei confini nord-orientali contro la temuta invasione delle truppe Titine, che puntualmente avvenne, e non fu mai impegnato in attività antipartigiana. Fu anche grazie al loro pesantissimo tributo di sangue prevalentemente versato dopo la resa, nella valle dell’Isonzo, che tanti altri italiani ebbero salva la vita.
Così nel dicembre del 2013 fummo invitati a deporre, assieme al Presidente della loro Associazione, una corona di fiori al monumento posto a ridosso di Montelungo di un caduto della RSI, il Ten. Cozzarini, che aveva combattuto assieme ai tedeschi ed era morto nel novembre del 1943. Ovviamente ognuno può pensarla come crede e dare il proprio giudizio su quel gesto, ma noi proprio non eravamo, né saremo mai revisionisti della Repubblica Sociale e dei suoi misfatti; quel gesto fu compiuto nello spirito di ricordare da ambo le parti tutti i Caduti così come avvenne precedentemente al Cimitero Tedesco di Caira. Ma a Rosolo questo non bastò, ci giudicò molto severamente ritenendolo inopportuno nonostante la corrispondenza intervenuta per ricordare la particolare situazione creatasi sul confine nord orientale nel periodo 1943-45 ed i tragici fatti conseguenti anche in periodo post- bellico. Questo comunque nulla ha modificato del nostro rispetto ed affetto verso di lui e di quanto la sua conoscenza abbia arricchito noi tutti.
Se n'è andato pochi giorni fa, probabilmente era l'ultimo, non sappiamo se altri Reduci del LI sono ancora in vita, ci piace sperare sia così e che l'ultimo appello del Battaglione nella Piazza d'Armi faccia risultare ancora qualche assenza, prima della Rivista Finale con lo sfilare delle compagnie al completo a passo di corsa di fronte al Comandante Trapani che stavolta bonariamente le osserva, non accigliato e severo come nella dimensione precedente, quando i tempi erano cupi ed il futuro quanto mai incerto. Quei giovanotti andavano forgiati duramente per crearne buoni ufficiali degni del Corpo dei Bersaglieri.
E degni Bersaglieri soldati e combattenti sono stati, primi fra tutti……"quando per i fratelli smarriti vanità era sperare, follia combattere noi soli primizia di credenti quassù accorremmo"……"a ricercar la Patria smarrita"
Ora sono sereni, e come hanno sempre voluto, tutti riuniti!
Solo Loro sanno veramente come andarono davvero le cose….. nessun altro!
Il Direttivo.