“Si sono battuti da
leoni" - Montelungo 1943
Monte Lungo 8 Dicembre 1943
La storia
Dopo l’8 settembre alcuni reparti
dell’esercito Italiano non si diedero alla fuga con quel rompete le righe
generale, che il film di Alberto Sordi “tutti a casa” ha raccontato in maniera
mirabile. Molti soldati rimasero uniti ai loro superiori e molti altri
organizzarono al meglio gruppi di partigiani rifugiandosi sulle montagne e
diventando una spina nel fianco della Wehrmacht.
Il 28 settembre radio Londra dava
il messaggio che si era costituito un contingente italiano libero da ogni
legame con il passato; era il “Primo raggruppamento motorizzato” costituito da molti
giovani di leva e parecchi studenti; al
comando, alle dipendenze della 5a Armata America di Mark Clark, il generale
Vincenzo Dapino .
L’organizzazione logistica e la dotazione di questa unità combattente era
assai carente a seguito della perdita di diversi magazzini militari: razzie operate
sia dalle truppe occupanti tedesche sia dalle truppe alleate che intendevano
così rifornire la resistenza yugoslava.
A dispetto della propria denominazione “ Primo gruppo motorizzato” la dotazione di mezzi risultava assai carente,
disomogenea e priva di magazzino ricambi per gli autocarri, le automobili e per
le poche motociclette.
Particolarmente inadatto l’equipaggiamento
personale; divise estive di cotone utilizzate per la campagna d’Africa, fucile
modello 1891 e bombe a mano di tipo SRCM 8 (27 grammi di polvere da sparo)
Lo stato Maggiore italiano, per
entrare al fronte, chiese maggiore dotazione; verso l’ex nemico però, prevalse la diffidenza dei nuovi alleati anglo-americani
e l’unità dovette affrontare uno degli
inverni più rigidi di cui si aveva memoria, con divise estive di cotone ed
armamento del tutto inadeguato.
Anche gli approvvigionamenti
alimentari erano carenti tanto che il
Gen. Dapino dovette farsi portavoce con gli alleati sollecitando cibo per i
propri soldati affamati ed anche vessati dalla popolazione.
In quel di Avellino infatti, nei
giorni precedenti l’ingresso al fronte, accadde che, a seguito della decisione
di apporre sulle divise lo stemma del Raggruppamento che inglobava quello sabaudo, (decisione dettata dalla sola
necessità di avere un vessillo sul quale far pesare ai soldati il giuramento di
fedeltà) un giornale del luogo “Irpinia
Libera” scrisse articoli contro le truppe
dell’Esercito del Sud; li si accusava di
nostalgia del fascismo e della monarchia
e si definivano gli appartenenti “truppa
al soldo dei Savoia” dimenticando tra l’altro che a Bari, già il 9
settembre 1943, il LI btg Bersaglieri aveva combattuto contro 200 Guastatori
Tedeschi della divisione “Goering”, che avevano il compito di far saltare il
porto, costringendoli alla ritirata.
Tale attacco morale ebbe
importante rilevanza sul disorientamento della truppa che, alla vigilia
dell’ingresso al fronte, si interrogò sul mancato supporto della popolazione e
dell’opinione pubblica.
Considerata la situazione, gli
Alleati decisero di far entrare subito in azione il piccolo contingente italiano
e scelsero per la prima prova Monte Lungo a sud di Cassino; la decisione non
cadeva a caso, gli americani sapevano delle difficoltà che si celavano dietro
la conquista di questo monte. Si
trattava infatti di combattere su terreno aspro, in trincea, come nella prima
guerra mondiale ed a tal fine dopo un mese di fronte senza risultati evidenti,
decisero di impegnare il reparto
italiano considerandoci quasi “carne da
cannone”.
La forza d'attacco era composta
dal 67° Reggimento fanteria, dal LI Battaglione bersaglieri, dal 11° Reggimento
artiglieria, da una compagnia mista del Genio e alcuni reparti di servizi tra
cui quelli Postali; a questi si aggiunsero, nei giorni precedenti l’azione, dei volontari provenienti dal nord Italia ed
un gruppo di allievi del Collegio navale di Venezia fuggiti per arruolarsi nel
LI bersaglieri.
L’insieme del raggruppamento
contava 5000 uomini di cui 1500 come forza di prima linea.
Il reparto raggiunse il teatro delle operazioni
trasportata con i camion fino al bivio di Presenzano e poi a piedi seguendo la via Casilina fino a Monte Lungo.
La 3° compagnia del LI
bersaglieri raggiunse il bivio di Presenzano in motocicletta , dopo un viaggio
interminabile nel fango, sotto la pioggia battente.
Le operazioni, elaborate dal
comando della 36a divisone “Texas” prevedevano l’attacco Italiano diretto su
Monte Lungo posto al centro della valle di Mignano mente gli alleati avrebbero
attaccato i due rilievi, Monte Maggiore e Monte Sammucro, posti ai lati della
valle, per contrastare il tiro incrociato che da queste posizioni si sarebbe
scatenato sugli assalitori posti al centro.
Le loro previsioni non si
avverarono; gli alleati non riuscirono a prendere il controllo dei lati a
seguito di forti contrattacchi tedeschi ed il Comando operazioni americano non
avvertì gli Italiani della nuova
situazione tattica.
Quella mattina, quando ancora nel
buio sul Montelungo gravava una fitta nebbia, i fanti ed i bersaglieri
eseguirono gli ordini partendo all’attacco con le sole informazioni ricevute
dagli americani prima dell’attacco, scarse ed imprecise, pensando di trovare
pochissima resistenza..
Non fu così!
Raggiunti, la 2° compagnia del LI
bersaglieri la base del monte ed lil 1° Btg del 67° fanteria la quota senza numero, non
appena l’oscurità diede spazio alla luce e la nebbia si diradò, i soldati
italiani furono falciati dal tiro delle mitragliatrici MG sapientemente
appostate: Il loro ripiegamento fu poi impedito
dal sapiente tiro dei mortai e dai cecchini appostati fra le rocce.
Le compagnie avanzanti in breve fu decimate nella truppa e nei
comandi e rimasero prive di collegamenti.
I pochi fanti del 67° reggimento fanteria che erano
riusciti ad occupare la quota principale di Monte Lungo ed i bersaglieri nella
valle del Peccia furono costretti ad attendere le tenebre per ripiegare.
Il primo attacco a Monte Lungo,
dunque era fallito e sul terreno già si contavano a decine i caduti e di feriti
che fu possibile recuperare solo dopo molti giorni.
il conto finale di quella mattina fu di 47
caduti, 102 feriti e 155 dispersi.
Le compagnie di rincalzo, sotto
il tiro dei mortai si attestarono sulla linea di resistenza, coincidente
con le posizioni di partenza del mattino sistemandosi in trincea come nella prima guerra mondiale,
in condizioni limite, co viveri a secco, senza acqua, sotto la pioggia, con il
solo riparo del telo tenda di ordinanza.
In queste condizioni gli Italiani
tennero le posizioni incalzando il
nemico dall’8 al 16 dicembre 1943 in attesa del nuovo ordine di attacco che venne
dato alle ore 9,15 del 16 dicembre.
Questa volta l’attacco fu meglio
organizzato; prima di risalire le rocce
del monte i fanti ed i bersaglieri furono preceduti da 45 minuti di preparazione
della nostra artiglieria e di quella americana, attesero che il 142° reggimento statunitense occupasse
definitivamente Monte Maggiore, sul lato sinistro, impedendo al nemico di
colpire gli Italiani ai fianchi.
Alle ore 12,30 la quota 343 di
Montelungo era definitivamente in mano italiana, i Tedeschi dovettero
retrocedere attestandosi sulla Linea Gustav 11 km più a nord.
La nostra Bandiera e quella
americana sventolarono, per la prima volta unite, sulla cima di Monte Lungo.
Gli Italiani si erano battuti con
coraggio ed avevano ottenuto anche se a caro prezzo la stima dei nuovi alleati.
Un sottufficiale tedesco, ritrovati
nella divisa i documenti di un nostro Caduto scrisse alla famiglia: “quel giorno ci stupimmo di vedere gli
alleati venire all’attacco alla baionetta; poi, rastrellando il terreno, abbiamo
trovato Caduti italiani ed allora
abbiamo capito! Si sono battuti da leoni!”
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