martedì 8 settembre 2020

9 settembre 1943


Prefazione

Il 9 settembre 1943 il LI Btg. d'Istruzione si trovava presso l'Aereoporto di Palese Macchie (Bari) in funzione antiparacadutisti. Aveva retto senza defezioni alla notizia dell'armistizio di poche ore prima e conduceva la sua normale attività quando nel pomeriggio pervenne al Comando la richiesta da parte del Gen. Bellomo di accorrere in Bari per dar manforte ai pochi militari e civili che stavano fronteggiando un reparto di guastatori tedeschi intenti a minare il porto. Ripercorriamo dallo scritto dell'allora Tenente Giuseppe Moiso, vicecomandante la seconda compagnia, gli avvenimenti di quel giorno che fecero entrare di diritto il LI nella storia d'Italia come protagonista di uno dei primi atti di resistenza armata ai tedeschi. Giuseppe Moiso parteciperà a tutta la Guerra di Liberazione e nel dopoguerra continuò la sua brillante carriera nell'esercito fino ai massimi gradi. Diverrà nel 1973 il secondo Presidente dell'Associazione LI BTG. Bersaglieri AUC "Montelungo 1943" alla scomparsa del suo fondatore, quel Capitano Castelli  che fu anima dei reduci nel dopoguerra. Chiunque abbia avuto la fortuna di conoscere il Generale Moiso rimaneva colpito dal suo straordinario carisma e dalla sua cordialità. Fu animatore durante la sua lunga Presidenza di una precisa raccolta di testimonianze sfociata in diverse pubblicazioni che hanno un grande valore storico,  delle quali ci siamo avvalsi spesso per divulgare informazioni e che sono state alla base del libro/raccolta da noi edito in occasione del 70° anniversario della Battaglia di Montelungo.

Paolo Farinosi
Presidente Ass. LI Btg Bersaglieri AUC "Montelungo1943"


La liberazione di Bari 9 settembre 1943 …

                          dal racconto di Giuseppe Moiso LI° Battaglione Bersaglieri A.U.C.

Trascorsa la notte dell’8 settembre in vigile attesa, protetti da robusti posti di blocco su tutte le vie d’accesso a Bitonto, al mattino successivo il Comando dava ordine di riprendere la normale attività addestrativa lasciando alle pattuglie di sicurezza e ai blocchi il compito di prevenire sorprese di reparti tedeschi in ritirata verso il Nord. 
Tutto sembrava tranquillo: telefoni e radio funzionavano, la popolazione si era rimessa tranquillamente alle sue attività, voci e allarmismi della sera precedente si erano sopiti. Le commissioni d’esame al grado di caporal maggiore avevano ripreso l’attività quando verso le 13 giungevano ordini da Bari, perché il battaglione in assetto di guerra, con armi e munizioni, raggiungesse al più presto la città e la zona del porto per contrastare l’azione di un reparto tedesco, che occupate le banchine, cercava di danneggiarle e di rendere inutilizzabili le navi alla fonda. 
Muovemmo con alla testa la 3ª Compagnia moto, seguita dalla 2ª Compagnia stipata su tutti i mezzi del battaglione ed alcuni avuti in rinforzo, e in coda la 1ª Compagnia in bicicletta con compiti di retroguardia e rastrellamento. 
Verso le 17 arrivammo sulla zona del Comando Difesa Porto, ove aspettavano il Gen.le Amato, il Gen.le Bellomo, i loro ufficiali e pochi soldati della 209ma Divisione Costiera. 
Le compagnie presero subito posizione attorno alla recinzione della zona portuale bloccando ogni accesso e diedero subito qualcosa di cui preoccuparsi al nemico, svolgendo azioni di fuoco verso le banchine e le navi. 
La risposta dei tedeschi fu immediata: dopo qualche minuto di fuoco rapido e abbastanza a casaccio, fu chiaro che si era creata una situazione di stallo. 
Noi fuori bloccavamo ogni varco, e dato il volume di fuoco, il movimento e il baccano di automezzi, dovevamo certo sembrare all’avversario più agguerriti e numerosi del reale: il reparto tedesco, che per prima cosa aveva sospeso il lavoro di demolizione per difendersi, doveva certamente sentirsi intrappolato ed impossibilitato a forzare l’accerchiamento dovendo trafilare attraverso varchi limitati e ben controllati dalle nostre armi. 

L’ordine di attaccare con la 2ª Compagnia in testa, era già stato formulato e diramato: si aspettava con una certa ansietà il via all’azione, quando il Comando Difesa decise di fare un tentativo di trattative per indurre i germanici ad arrendersi. 
Disposizioni in tal senso giunsero al comando di battaglione: si trattava di trovare il messaggero di pace che sotto la protezione della bandiera bianca doveva recapitare al Comandante avversario l’ingiunzione di resa, ricevendone eventuali controproposte. 

Con brillante trovata del Comandante l’incarico fu affidato al sottoscritto, che per il vero non ne fu molto entusiasta, ricordando le voci di fattacci di sangue ed inconsulte reazioni dei tedeschi, che sorpresi dalla notizia dell’armistizio, erano convinti di essere stati traditi. 
I motivi della scelta del Comandante erano certamente validi: ero, allora, il subalterno più anziano della 2ª Compagnia, avevo occupato con il mio plotone proprio il tratto di terreno che controllava il varco Sud del porto, avevo esperienza di guerra, e dulcis in fundo, portavo ben visibile all’occhiello della giubba il nastro bianco-rosso-nero della croce di ferro conferitami in Africa Settentrionale da Rommel, e si supponeva (o almeno si sperava) che i tedeschi nutrissero ancora un certo rispetto per i camerati.  

Gli ordini non si discutono, così con l’occhio attento e l’orecchio teso ad ogni rumore, mi alzai e, scortato da due allievi con drappo bianco, percorsi i duecento metri che mi dividevano dal varco, nella speranza che anche i camerati tedeschi ne avessero abbastanza di una situazione che per loro era chiaramente senza vie di uscita. 

A pochi metri dal muro mi fermai: mi si fece allora incontro un capitano, seguito da due granatieri con addosso a modo di bandoliere incrociate nastri di M.G. 42, che mi salutò impettito. Il colloquio fu breve: il Comandante assicurava che avrebbe sospeso le operazioni di demolizione e si sarebbe arreso ad una condizione, di avere via libera e mezzi per la ritirata al nord, conservando l’armamento individuale. 

Ci lasciammo con l’impegno di una risposta entro 30 minuti ed un saluto regolamentare perfetto: nel rientrare verso le nostre posizioni,  sentivo un pizzicorino alla nuca e feci fatica a mantenere il passo cadenzato che ci era imposto dal protocollo, senza scattare in una veloce corsa bersaglieresca. 

La cosa si risolse per il meglio: accettate tutte le condizioni reciproche, il battaglione tedesco, erano granatieri della Goering in ripiegamento dal Sud, fu scortato allo scalo merci di Bari, da dove, abbandonati gli automezzi, partì verso Foggia all’alba, mentre il battaglione, portato a termine il suo incarico, rientrava a Bitonto, dove giungeva verso le 9,30. 

A questa prima azione di guerra, conclusa fortunatamente con onore e senza perdite, tante altre ne seguirono nei giorni successivi, contribuendo a creare al battaglione quella reputazione che lo portò poi ad entrare di diritto nel 1° Raggruppamento Motorizzato.  
Giuseppe Moiso (tenente in s.p.e.) LI° Battaglione Bersaglieri A.U.C.

Da quel momento il battaglione fu la punta di diamante di cento temerarie azioni, per contrastare i colpi di mano dei tedeschi, in ritirata verso il Nord. Momenti indimenticabili, di lotta e di speranza in giorni migliori e nel riscatto della Patria. 

La difesa della Piazza di Bari, organizzata dal Generale Bellomo, ebbe nel LI° il suo punto di forza fino al 16 settembre, quando al blocco di Palese apparve la prima pattuglia motorizzata della 8 ª Armata Britannica.


Ten. Moiso


Bari, 28 Settembre 1943 Il Principe ereditario Umberto saluta il Ten Giuseppe Moiso, vice comandante della IIa Compagnia




Retro della foto: 
sui bordi il segno del sangue versato a Montelungo, dall'allievo Caporal Maggiore Enrico Farinosi, gravemente ferito durante l'attacco dell'8 Dicembre. 



Foto di Moiso, nel dopoguerra.
I ragazzi del Secondo Risorgimento, tornati uomini.