venerdì 27 febbraio 2015

Lt.Col. James Howard, 354th Figher Group, Medal Of Honor




Eccomi qui a raccontarvi questa nuova storia, nata da una foto che avevo in archivio e dal particolare delle bandiere Giapponesi e Tedesche dipinte sulla carlinga. Chi era questo pilota sorridente e sicuro di se a cavallo di un fantastico P51 Mustang?
James Howell Howard, prima della guerra, era un pilota della US Navy, assegnato alla portaerei USS Enterprise (CV-6) a Pearl Harbor.
Nel Giugno del 1941, si unì ai volontari del gruppo “The Flyng Tigers” (Tigri Volanti) soprannome che fu dato al 1st American Volunteer Group, un gruppo aereo inviato dagli Stati Uniti in Birmania per aiutarla contro il Giappone.
Il gruppo fu costituito personalmente dal presidente Franklin Delano Roosevelt e doveva essere formato da soli volontari provenienti dai cari corpi armati degli USA con la condizione che avessero rassegnato le dimissioni dai corpi di appartenenza.
Gli aerei all’epoca erano i famosi Curtiss P-40 con le insegne della Cina Nazionalista.
Tra le fila di questo gruppo militarono alcuni grandi assi che meritarono onori e gloria alla fine del conflitto tra i quali citiamo  Gregory "Pappy" Boyington (bellissima la sua storia di cui parleremo più avanti confrontandola con la storia dell’ultimo Samurai dell’aviazione Imperiale Giapponese, Saburo Sakai) oltre al nostro James Howell Howard che vanta sei abbattimenti di zero Giapponesi, le sei bandiere che appaiono sulla carlinga.
Ma arriviamo all’11 Gennaio del 1944,  James Howard è diventato Maggiore dell’USAAF, comanda il 354 Fighter Group, e si trova in volo con il 356 squadrone, con cinquanta P-51 Mustang, scortando tre gruppi di Fortezze Volanti B-17 in un raid contro Oschersleben, vicino a Berlino.
La Luftwaffe, ormai impegnata nella sola difesa del proprio territorio, attaccò in forze la formazione di bombardieri e Howard con i suoi andò subito all’attacco abbattendo un bimotore Messerschmitt Bf 110 Zerstörer, per attaccare questo bimotore Howard si separò dal suo gruppo, ma cercò subito di ricongiungersi.
Fu in quel momento che si accorse che una formazione di una trentina di caccia tedeschi ME109 stavano muovendo in direzione della formazione di bombardieri e senza ricongiungersi con il suo gruppo decise di attaccarli da solo.
Il combattimento durò oltre trenta minuti, tre Me109 furono abbattuti subito mentre altri furono danneggiati; con le munizioni quasi esaurite, a corto di carburante e con tre mitragliatrici fuori uso continuò ad attaccare i nemici fino a metterli in fuga.
Quando rientrò alla base RAF di Boxted, 71 km a nord-est di Londra, il suo Mustang aveva un solo foro di proiettile!
Per questa sua missione il Maggiore James Howard ha ricevuto la medaglia del congresso, (Medal Of Honor) e fu l’unico pilota americano nel teatro di guerra europeo ad averla ricevuta.
Il suo Mustang, fu rinominato “DING HAO!” termine slang americano della seconda guerra mondiale ripreso dalla frase cinese "ting hao de" che significa "molto buono" o "il numero uno".
E James Howard con il suo P-51 Mustang erano davvero i numeri uno.
La sua anima tornò a volare per l’ultima volta, raggiungendo la volta celeste, il 18 Marzo del 1995 ed il suo corpo riposa nel cimitero degli eroi di Arlington.
E’ notte fonda, ma non riesco a separarmi dalle foto che continuo a trovare nei vari archivi, da quei denti di squalo dei Curtis, dalla linea del Mustang e da tutti i volti di quegli uomini, divenuti aviatori e poi eroi, che mi guardano e mi dicono “questo è il prezzo che abbiamo pagato affinchè tu nascessi libero e non schiavo”.


Arlington National Cemetery
Arlington
Arlington County
Virginia, USA
Plot: Section 34, Lot 2571


Presso il St, Pete Clearwater International Airport, in Florida, c'è una sala completamente dedicata a Lui, con la sua divisa, la sua medaglia del congresso, le sue foto, i suoi oggetti personali e la sua storia, affinchè tutti, distratti dai viaggi di lavoro o di piacere, abbiamo modo di onorare e ricordare chi, nella sua gioventù, ha viaggiato solo per combattere.





















Notte a tutti, vostro Blogger.

martedì 24 febbraio 2015

Viaggio a Filottrano, per onorare e ricordare

Riportiamo le impressioni di viaggio e le foto del nostro Vice Presidente, Paolo Farinosi, che si è recato in visita a Filottrano.


"Domenica 22 abbiamo dedicato alcune ore alla visita della cittadina di Filottrano, un nome che chiunque abbia qualche conoscenza della Guerra di Liberazione non può non conoscere. Nel Luglio del 1944 fu caposaldo tedesco per ostacolare l'avanzata delle truppe alleate verso Ancona e fu teatro di dieci drammatici giorni di cruenti combattimenti anche casa per casa, protagonisti principali i paracadutisti italiani della "Nembo" che ebbero perdite pesantissime. 
A parte alcune lapidi nel portico del Municipio, non vi sono tracce visibili che ricordino quei fatti, ma per  fortuna alcuni appassionati da anni si son fatti promotori di raccogliere reperti ed hanno creato una piccola ma interessante e suggestiva "mostra permanente" in un locale messo a disposizione dall'amministrazione comunale. 
Giovanni Santarelli, uno dei tre artefici (gli altri due sono Giuliano Evangelisti e Gesualdo Telloni) ci ha fatto da anfitrione ed abbiamo appreso dalla sua voce di appassionato tanti particolari ed ammirato reperti unici, perlopiù donati da reduci Italiani, Polacchi e Tedeschi. 
Queste sono le vere perle di questo piccolo ma interessantissimo museo, assurto a tramandare la memoria di quei fatti gloriosi. 
Invitiamo tutti coloro che capitassero da quelle parti a dedicare qualche ora per una doverosa visita. Il museo è adiacente il municipio ed è indicato da segnaletica, una telefonata al gentilissimo Sig. Santarelli (3492663282 oppure santarelli.filottrano@gmail.com) e concordate un orario per visitarlo.
C'è anche un sito, creato a suo tempo da Luigi Grimaldi, cui apprendere molte informazioni circa la battaglia: http://www.labattagliadifilottrano.it/"


























giovedì 19 febbraio 2015

70° dell'eccidio di Porzus, per Onorare e Ricordare.

 

Fedeli al nostro motto "Onorare e Ricordare", l'associazione ufficiale, LI° Btg. Bersaglieri "Montelungo1943" ha partecipato, con il suo Presidente e la socia Onoraria MOVM Paola Del Din, alla cerimonia civile presso Faedis (UD) del 70° anniversario dell'eccidio di Porzus ed a quella religiosa presso la chiesa di Canebola (UD) dove tra i tanti discorsi ufficiali ha spiccato quello tenuto dall'Avv. Tazio De Gregori, nipote di Francesco De Gregori - comandante Bolla - prima vittima dell'eccidio.
La rappresentanza della nostra Associazione ha voluto manifestare al sua presenza anche sulle malghe, luogo dell'eccidio.
Mancava, ancora una volta, al nostro seguito il  Labaro, una triste vicenda per la quale l'Associazione LI° Btg. Bersaglieri "Montelungo 1943" farà valere le sue opportune ragioni.
Riportiamo le foto della giornata ed un bellissimo video, tutto da ascoltare.
In fondo al Post la storia di Porzus tratta da Wikipedia per coloro che volessero approfondire l'argomento.
L'Associazione LI° Btg. Bersaglieri "Montelungo 1943" - Onorare e Ricordare

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 



L'eccidio di Porzûs consistette nell'uccisione, fra il 7 e il 18 febbraio 1945, di diciassette partigiani (tra cui una donna, loro ex prigioniera) della Brigata Osoppo, formazione di orientamento cattolico e laico-socialista, da parte di un gruppo di partigiani – in prevalenza gappisti – appartenenti al Partito Comunista Italiano. L'evento – considerato uno dei più tragici e controversi della Resistenza italiana – fu ed è tuttora fonte di numerose polemiche in ordine ai mandanti dell'eccidio e alle sue motivazioni. Le vicende legate a Porzûs hanno travalicato il loro contesto locale fin dagli anni in cui si svolsero, entrando a far parte di una più ampia discussione storiografica, giornalistica e politica sulla natura e gli obiettivi immediati e prospettici del PCI in quegli anni, nonché sui suoi rapporti con i comunisti jugoslavi e con l'Unione Sovietica.

Il 7 febbraio 1945 un gruppo di circa cento partigiani comunisti appartenenti ai battaglioni GAP "Ardito" (al comando di Urbino Sfiligoi "Bino"), "Giotto" (al comando di Lorenzo Deotto "Lilly"), "Amor" (al comando di Gustavo Bet "Gastone") e "Tremenda" (al comando di Giorgio Iulita – o Julita – "Jolly") e capeggiati da Mario Toffanin "Giacca" raggiunse il comando del Gruppo delle Brigate Est della Divisione partigiana Osoppo, situato nel Friuli orientale presso alcune malghe in località Topli Uork, nel comune di Faedis (in seguito la zona divenne più nota con il toponimo di Porzûs, dal nome di una vicina frazione del comune di Attimis). L'ordine ai gappisti  – secondo la ricostruzione processuale  – era stato messo per iscritto dal vicesegretario della federazione del PCI di Udine – Alfio Tambosso "Ultra" – nei seguenti termini:

« Cari compagni, vi trasmetto, per l'esecuzione, l'ordine pervenuto dal Superiore Comando Generale. Preparate 100-150 uomini, completamente armati ed equipaggiati, con viveri a secco per 3-4 giorni, da porre alle dipendenze della divisione Garibaldi Natisone operante agli ordini del Maresciallo Tito. Vi raccomando la precisa esecuzione del presente ordine, che ha carattere di estrema importanza per il prossimo avvenire. Non appena gli uomini saranno pronti, mi avvertirete immediatamente. Provvedete ad eseguire rapidamente e cospirativamente. Gli uomini dovranno sapere solo quando saranno in viaggio. Quando verrò da voi, e cioè fra qualche giorno, spiegherò meglio ogni cosa. Ricordate che ne va del buon nome GAP e che è cosa di massima importanza. L'armata Rossa gloriosa avanza e ormai i tempi stringono. Fraternamente. Ultra 24.1.1945»

Sempre secondo quanto emerso durante il processo, tale ordine fu in seguito impartito a "Giacca" nel corso di una riunione tenutasi nella località di Orsaria (Premariacco) il 28 gennaio 1945, in cui erano presenti, a parte lo stesso "Giacca", anche i citati "Ultra" e "Jolly", Ostelio Modesti "Franco", Valerio Stella "Ferruccio" e Aldo Plaino "Valerio", a casa di Armando Basso "Gobbo"[50]. Il senso generale della riunione di Orsaria venne ricordato in un memoriale stilato da Aldo Plaino "Valerio" il 12 dicembre 1946, secondo il quale:

« Ero presente anch'io il giorno che venne dato a Giacca l'ordine di agire contro la "Osoppo". Franco ordinò in questo modo: "Vai, fa' e fai bene". Erano presenti Franco, Ferruccio (Stella), Marco (Juri), Giacca e io. La riunione in cui vennero dati gli ordini surriferiti venne tenuta circa gli ultimi di gennaio o i primi di febbraio 1945 in Orsaria di Premagnacco [sic], in casa del Gobbo, responsabile del CLN di Orsaria di allora. »

Il 1º febbraio 1970 Toffanin rilasciò la seguente dichiarazione autografa a Marco Cesselli, ricercatore dell'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, che in seguito la riportò in un suo libro:

« Il 28.1.1945, a Orsaria, eravamo presenti io  – Ultra (Tambosso)  – Franco (Modesti)  – Zoly (Jolly, Julita)  – Ferruccio (Stella)  – Valerio (Plaino)  – Gobbo (Basso) in casa di Gobbo. Ultra e Modesti danno ordine di andare a Porzûs per liquidare il Gruppo Bolla. Contemporaneamente Ultra scrive a mano ordine per liquidare gli Osovani. Ordine è stato consegnato a Jolly che lo ha conservato. Poi si è parlato per le carceri di Udine, da svolgere da Valerio e Mancino. Sotto il mio Comando abbiamo fucilato sei Osovani. Siamo ritornati alla base e tre giorni dopo venne Franco (Modesti). Abbiamo avuto una riunione e si è parlato degli Osovani rimasti. Anche Franco era d'accordo di farli fuori. Presente era il comando GAP: i Com. Giacca, Marco (Iuri) e Valerio. Giacca  – Toffanin Mario. »

In seguito alcuni dei gappisti che parteciparono all'azione di Topli Uork testimoniarono di non aver compreso il motivo della missione fino agli istanti precedenti l'eccidio.

La 1ª Brigata Osoppo ospitava Elda Turchetti, una giovane donna che Radio Londra aveva indicato come spia. In seguito a tale denuncia, la stessa Turchetti si era presentata spontaneamente a un partigiano gappista suo conoscente di nome Attilio Tracogna "Paura": questi l'aveva condotta da Adriano Cernotto "Ciclone" (gerarchicamente dipendente proprio da Toffanin), che non sapendo quali decisioni prendere l'aveva riconsegnata a "Paura", il quale la portò quindi all'osovano Agostino Benetti "Gustavo", dipendente dal responsabile dell'Ufficio Informazioni della Osoppo Leonardo Bonitti "Tullio". La Turchetti venne in seguito affidata all'osovano Ivo Feruglio "Marinaio", che il 13 dicembre 1944 la portò a Topli Uork. Lì fu assolta in istruttoria al termine di un processo partigiano conclusosi il 1º febbraio 1945. Dal ruolino della Osoppo tenuto da "Bolla" risulta che la donna era stata arruolata a tutti gli effetti nella 1ª Brigata Osoppo, col nome di "Livia". La protezione data a Elda Turchetti fu in seguito indicata – nelle varie e spesso contraddittorie ricostruzioni di Toffanin – come il motivo scatenante dell'azione dei partigiani garibaldini.

Successivamente all'eccidio, Toffanin accusò inoltre la Osoppo di aver contrastato la politica di collaborazione con i partigiani jugoslavi, di non aver redistribuito agli altri gruppi partigiani parte delle armi fornite alla stessa Osoppo dagli angloamericani e di aver collaborato con elementi della Xª Flottiglia MAS e del Reggimento alpini "Tagliamento", appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana. Secondo le direttive del Comando generale del Corpo Volontari della Libertà del Nord Italia, emanate nell'ottobre 1944, ogni forma di collaborazione con i soldati della RSI e con le forze germaniche era da considerare come tradimento da punire con la condanna a morte, ma dalle ricostruzioni del dopoguerra risultò che era sempre stata la Xª MAS a cercare degli accordi con la Osoppo per opporsi alle mire jugoslave sui territori orientali italiani, ottenendone però ogni volta un rifiuto La ricostruzione dettagliata dello svolgimento dell'operazione gappista fu fornita nel corso dei processi e poi ripresa e approfondita in alcune pubblicazioni. La colonna raggiunse l'abitato di Porzûs e poi si divise in gruppi, che raggiunsero le malghe di Topli Uork in momenti diversi. Per superare i posti di guardia osovani senza creare scompiglio, i gappisti affermarono d'essere in parte dei partigiani sbandati a seguito di un rastrellamento, in parte civili fuggiti da un treno che li portava in Germania, attaccato dall'aviazione alleata. Un gruppo di gappisti si spacciò per osovano.

Il messaggero del gruppo agli ordini di Toffanin fu Fortunato Pagnutti "Dinamite", un partigiano del quale sia i garibaldini che gli osovani si fidavano, avendo già svolto incarico di staffetta fra i due reparti. Un osovano di guardia fu mandato a Topli Uork a informare Francesco De Gregori "Bolla", comandante del Gruppo delle Brigate Est della Divisione partigiana Osoppo, il quale inviò sul luogo il delegato politico[68] azionista della VI Brigata Osoppo "Friuli" Gastone Valente "Enea", di passaggio alle malghe. Questi ordinò di separare i presunti osovani dai garibaldini, volendo inviare i secondi al vicino reparto garibaldino di Canebola (una frazione di Faedis). Tuttavia, insospettitosi, fece recapitare a "Bolla" un messaggio del seguente tenore:

« Si tratta di un'accozzaglia di gente che mi ha fatto una pessima impressione. Alcuni dicono di essere garibaldini, altri sloveni, altri osovani, altri ancora degli evasi dai treni, in fine qualcuno di aver disertato dalle file dell'esercito repubblicano. Hanno bisogno di assistenza e di riposo. Francamente non so che pesci pigliare. Vi prego di venire qui uno di voi. »

Durante l'operazione si palesò "Giacca", che fece arrestare tutti gli osovani presenti e attese l'arrivo di "Bolla", che si trovava alla malga comando a una certa distanza. Al suo arrivo "Bolla" fu immediatamente arrestato e subito dopo "Giacca" fece rastrellare la zona, catturando un altro gruppo di osovani in una malga vicina.

Nel contempo un reparto al comando di Vittorio Juri "Marco" si occupò di raccogliere tutto il materiale presente a Topli Uork: in tale frangente fu ucciso – essendo stato ritenuto un osovano – il giovane partigiano garibaldino Giovanni Comin "Tigre" (ribattezzato in seguito "Gruaro" dagli osovani). Questi era fuggito da un treno che lo stava conducendo in un lager tedesco ed era stato indirizzato a Topli Uork dal parroco di Vergnacco (una frazione di Reana del Rojale), poiché si trattava della base partigiana più vicina. Comin si stava avvicinando alle malghe dalla parte opposta alla strada percorsa dai gappisti, assieme al portavivande e staffetta della Osoppo Giovanni Cussig "Afro", che fu rapinato dell'orologio da polso da un gappista, ma presto rilasciato dietro assicurazione – data dall'osovano Gaetano Valente "Cassino" – che non si trattava di un partigiano.

Oltre a Comin furono subito uccisi De Gregori, Valente "Enea" e la Turchetti.

Aldo Bricco "Centina", futuro comandante designato della formazione a Topli Uork per il passaggio delle consegne con De Gregori e insieme a lui giunto in vista di "Giacca" e i suoi, riuscì rocambolescamente a fuggire: colpito violentemente al volto da un gappista, ritenne che le malghe fossero sotto l'attacco di un gruppo di fascisti camuffati da partigiani e quindi si aprì a forza un varco fra i gappisti, lanciandosi poi di corsa dal costone del monte innevato. Ferito da sei colpi di arma da fuoco fu ritenuto morto, ma riuscì a trascinarsi fino al vicino paese di Robedischis, dove si fece medicare da alcuni partigiani sloveni a cui raccontò d'esser stato ferito in un agguato fascista. Il giorno successivo fu arrestato dagli sloveni, ma venne liberato da un emissario osovano grazie a un salvacondotto. In seguito riuscì di nascosto a raggiungere le file osovane mentre i partigiani del IX Korpus intraprendevano una vana caccia all'uomo per riprenderlo. Tredici altri partigiani, a seguito di processi sommari, furono imprigionati e fucilati nei giorni successivi nelle località limitrofe di Bosco Romagno, Ronchi di Spessa, Restocina e Rocca Bernarda (Prepotto): tra questi Guido Pasolini "Ermes", fratello di Pier Paolo, giunto a Topli Uork il 6 febbraio assieme a un gruppetto di osovani capitanato da "Centina". Condotto assieme a "Cariddi", "Guidone" e "Toni" presso il luogo della sua esecuzione, Pasolini riuscì inizialmente a fuggire mentre scavava la sua propria fossa. Ferito da una fucilata, raggiunse il paese di Sant'Andrat dello Judrio e quindi la località di Quattroventi dove si fece medicare dal locale farmacista, poi proseguì a piedi per Dolegnano (San Giovanni al Natisone), rifugiandosi in una casa ove viveva Libera Piani, un'anziana donna che gli offrì del caffelatte e una grappa. La donna chiese assistenza medica all'ostetrica locale, figlia del locale responsabile del CLN nonché intendente del battaglione gappista "Ardito". In pochi minuti Pasolini fu quindi nuovamente arrestato dal partigiano Mario Tulissi, che lo riportò ai citati gappisti "Bino" e "Lilly". Trascinato una seconda volta sul luogo dell'esecuzione, Guido Pasolini fu ucciso con un colpo di pistola.

Furono risparmiati due osovani che passarono nei GAP, Leo Patussi "Tin" e Gaetano Valente "Cassino". Questi ultimi, assieme a Bricco, dopo la guerra furono tra i principali accusatori di Toffanin e compagni nei vari processi che si svolsero fra Udine, Venezia, Brescia, Lucca e Firenze. Altri tre osovani – Aroldo Bollina "Gianni", Antonio di Memmo "Pescara" e un terzo del quale si conosce solo il nome di battaglia, "Leo" – giunti alle malghe assieme a "Ermes" con il gruppo di "Centina" il giorno prima dell'attacco, si salvarono fuggendo per tempo avendo percepito il pericolo. Allo stesso modo si salvarono Giulio Emerati, Virgilio Cois, Giuseppe Turco, Giovanni ed Enrico Smerrecar, che per portare armi o viveri stavano risalendo verso le malghe e furono fermati dai gappisti ma rilasciati non essendo ritenuti osovani: con Emerati era il giovane studente in medicina Franco Celledoni "Atteone", che invece fu catturato e in seguito ucciso.