giovedì 31 ottobre 2013

La nostra risposta..

 
 


I Bersaglieri Ciclisti

Interessantissimo articolo presente sul sito: http://www.regioesercito.it
I BERSAGLIERI CICLISTI


Parlare ai non addetti di bersaglieri ciclisti, può far pensare ad una vecchia copertina di Beltrame in cui il fante piumato piomba sul nemico sul suo cavallo d'acciaio.
In effetti si trattava di fanteria celere cicloportata che, ad una velocità di 12/15 km/h (secondo i manuali), quindi di poco inferiore agli automezzi dell'epoca considerando la qualità delle strade,si portava in zona di operazioni oppure seguiva le colonne meccanizzate con una dotazione di armi,munizioni e viveri di pronto impiego, necessitando di un numero ridotto di automezzi e relativi rifornimenti. La percorrenza media in condizioni favorevoli (sempre secondo i manuali), era calcolata di 80 km al giorno.
La circolare n. 5000 in data 8.7.1934 enunciava al riguardo:
Combattimento delle unità celeri in esplorazione
b) i ciclisti sfruttino la strada per avanzare rapidamente, ma non esitino ad abbandonarla e gettarsi sul terreno laterale per operare come fanti capaci di tutto osare e ritornare ciclisti appena possibile.


UN PO' DI STORIA
La prima compagnia ciclisti fu formata in seno al 12° battaglione bersaglieri e impiegata nelle manovre del 1899 con buoni risultati che già nel 1905, fanno trovare una compagnia ciclisti in ogni reggimento.
Nel 1907 venne costituito un battaglione ciclisti su quattro compagnie mentre nel 1910 fu definitivamente stabilito che i 12 reggimenti di bersaglieri dovevano comprendere quattro battaglioni di cui uno di ciclisti.
Fino ad allora si erano usate biciclette di tipo commerciale adattate all'uso militare con vari espedienti che tuttavia non potevano soddisfare completamente, si giunse pertanto all'emissione di un bando per la fornitura di biciclette specificatamente militari.


La partecipazione fu di undici fabbriche ridotte a quattro, dopo un primo esame. Alla fine dopo una lunga valutazione, risultò vincitrice la Bianchi con il modello denominato 1912.
Nella 1a guerra mondiale i battaglioni ciclisti furono separati dagli altri per rimanere in carico ai comandi onde sfruttarne al meglio la mobilità; in genere erano gruppi di tre battaglioni.
Circa a metà del 1917 fu costituita una compagnia di mitragliatrici pesanti con sei armi per ogni battaglione, su biciclette modificate appositamente nel 1914 per il trasporto della Fiat '14 ; nel 1918 fu aggiunta una sezione di pistole mitragliatrici per compagnia.


Con la fine del conflitto (1919) e la conseguente riduzione degli effettivi, i battaglioni ciclisti furono ridotti a due per poi essere sciolti nel 1920.
Nel 1923 ci fu la riorganizzazione dell'esercito con la creazione di dodici reggimenti di bersaglieri di cui sei ciclisti; nel 1924 anche gli altri sei reggimenti furono riorganizzati come ciclisti.
L'impostazione era quella di creare reparti celeri da spostare velocemente dove vi era bisogno, in appoggio ad altre unità; ciò in quanto, contrariamente alle altre formazioni, i bersaglieri non avevano armi pesanti ne quadrupedi al seguito.


Il fante si spostava alla velocità consentita dal suo mezzo con la sola dotazione personale (vedi affardellamento bicicletta da truppa) e, raggiunto il punto, abbandonava la bicicletta e operava.
Tutto il materiale rimanente ,tende e servizi compresi , seguiva con autocarri.
Per le loro caratteristiche i bersaglieri furono le truppe di fante ria aggregate alle divisioni celeri con l'11°, il 6° e il 3° reggimento destinati alla 1a, alla 2a e alla 3a con alcuni reparti già autoportati. Il passaggio quindi alle moto e all'autotrasporto fu naturale e progressivo. In seguito con l'evolversi del conflitto , furono dotati anche di armi anticarro e di blindati.


L'ORDINAMENTO DA GUERRA DEI BERSAGLIERI NEL 1930
Detto ordinamento rimase in vigore fino alla guerra con la sola variazione dei mezzi di trasporto.



COMANDO DI BATTAGLIONE3 COMPAGNIE BERSAGLIERI
Ufficiali8Ufficiali15
Sottufficiali10Sottufficiali21
Truppa128Truppa594
Biciclette per ufficiali2Biciclette per ufficiali15
Biciclette per truppa61Biciclette per truppa606
Motocicli12Mitragliatrici leggere Breda '3027
Motocarrozzette3
Motocarrelli o mototricicli Guzzi32
Autocarri leggeri10
Autocarri pesanti1
COMPAGNIA MITRAGLIERI
Ufficiali6
Sottufficiali10
Truppa189
Biciclette per ufficiali5
Biciclette per truppa196 (di cui 48 mod. 1924 portamitragliatrici)
Mitragliatrici pesanti Fiat '14 poi '3512


Secondo il manuale del 1939, l'unità base dei reparti dotati di bicicletta era la Squadra composta da: 1 caposquadra, 1 porta fucile mitragliatore, 1 porta arma tiratore, 4 porta munizioni, 8 fucilieri.
La motorizzazione cambiò la dotazione dei mezzi ma sostanzialmente non l'organizzazione; ad esempio nel manuale del 1933 troviamo assegnati 12 mototricicli per compagnia per il trasporto delle 12 mitragliatrici pesanti, mentre in un manuale del 1939 figurano ancora in servizio le biciclette porta Fiat '35.
Oggi tutti sanno che si entrò in guerra con mezzi largamente insufficienti, ma a parte la "confusione" dei manuali sopra citati, c'è da ritenere che nel caso dei bersaglieri tutte le sezioni mitragliatrici fossero motorizzate.
Progressivamente man mano che si rendevano disponibili autocarri e moto i reparti ciclisti venivano trasformati in autoportati o motociclisti; ciò avvenne anche in Grecia per altro motivo, dove a causa della conformazione del terreno nelle zone di operazioni le biciclette erano inutilizzabili.


Esempi della motorizzazione in corso nel Regio Esercito sono rappresentati dagli organici del primo scaglione dell'invasione dell'Albania con 12 battaglioni di Bersaglieri di cui 9 ciclisti, 1 motociclisti, 1 autoportato e 1 misto, nonché del 31° Carristi Littorio del marzo1941 nell'intervento in Jugoslavia che comprendeva anche un reggimento
bersaglieri con 2 battaglioni autoportati e 1 ciclisti, una compagnia motociclisti e il XXII battaglione motociclisti su 4 compagnie.
Sempre in Jugoslavia operò il 3° reggimento Bersaglieri come "reggimento ciclisti" che in un documento datato 1.6.1941 comprende una forza di 2.891 uomini e 2.369 biciclette più vari mezzi meccanici.
Un mese dopo un documento datato 6.7.1941 , in previsione dell'invio del reggimento in Russia, recita al punto 3 "I tre battaglioni XVIII, XX e XXV da ciclisti si trasformeranno in autoportati ... verseranno le biciclette ... (ma qualora non vi siano mezzi sufficienti disponibili) i battaglioni stessi muoveranno nella loro attuale costituzione su biciclette"
L'Ufficio Storico dell'Esercito interpellato al riguardo ha risposto: "il 3° Bersaglieri iniziò il trasferimento in Russia con 2 battaglioni autotrasportati e il XVIII ciclisti". Ha allegato inoltre alcune foto scattate in Romania.
Si deduce quindi che i vari reggimenti incominciarono la guerra sia con le biciclette che su autocarri, passando progressivamente su questi ultimi o su motocicli a seconda della disponibilità lasciando per ultimi i reparti di retrovia e di stanza nella madrepatria.

In molti filmati dell'Istituto Luce sull'invasione della Francia,dopo lo sbarco degli alleati in Tunisia , si vedono sfilare vari reparti di bersaglieri in bicicletta.

LA BICICLETTA BIANCHI PER TRUPPA
Come abbiamo detto la ditta Bianchi vinse il bando dell'esercito con la bicicletta modello 1912, allora all'avanguardia e simile alle moderne mountain bike.
Le caratteristiche principali: telaio pieghevole del peso di 14 Kg. con appositi attacchi e relative cinghie per il trasporto a spalla; ruote di piccole dimensioni per maggior maneggevolezza e gomme piene antiforatura; due ammortizzatori sulla ruota anteriore e uno sulla forcella posteriore per compensare la rigidità delle gomme piene; freno anteriore a bacchetta interno al telaio (per non essere intralciato da eventuali carichi); trasmissione a catena a scatto fisso.


Con la riorganizzazione dell'esercito del '23 vennero ordinate alla nuove biciclette alla Bianchi che produsse il modello 1924 seguito dal definitivo modello 1925, in pratica un modello 1912 con alcune modifiche quali lo snodo della forcella posteriore sostituito da una lamina d'acciaio e il "cambio" costituito da due ingranaggi diversi posti ai
due lati della ruota.
Successivamente venne anche realizzato il modello 1934 con mezzi parafanghi, i due ingranaggi del cambio dalla stessa parte e un disegno diverso della ruota dei pedali.
I due modelli rimasero in uso fino alla RSI per poi essere sostituiti definitivamente nel dopoguerra dalle moto e dagli autocarri.
L'affardellamento della bicicletta da truppa secondo il manuale del 1939, in guerra era il seguente (fig. 5):

• un paio di spallacci di cuoio per bicicletta
• un moschetto '91 TS con custodia
• uno zainetto triangolare centrale
• una custodia a sacca sul porta mantellina posteriore
• una gavetta con coperchio e fodera
• un attrezzamento da zappato re
• un telo da tenda con relativo bastone

Gli attrezzi da zappatore erano di nove tipi e venivano fissati di volta in volta lateralmente alla ruota posteriore (fig. 36)


Il telo da tenda veniva portato solo se necessario. Dalle foto si può rilevare che venivano trasportate anche, maschera antigas, borraccia e borsa tattica a tracolla o agganciata al manubrio.
La bicicletta da truppa porta fucile mitragliatore Breda '30 (fig. 4) ,era simile a quella normale, priva degli attacchi per il moschetto, del portamantellina posteriore non utilizzabile, che diveniva anteriore. Il fucile mitragliatore senza canna veniva fissato ad un anello inserito nel tubo portasella e al tubo portazainetto; la canna era custodita in una apposita custodia cilindrica sopra al manubrio (fig. 5)


Le biciclette della squadra fucile mitragliatore trasportavano inoltre le munizioni in apposite cassette (fig. 5); vi erano cassette piccole da 8 caricatori, cassette ricambi e custodia canne di ricambio che si portavano sul manubrio e cassette da 10 caricatori portate sopra lo zainetto triangolare.
La bicicletta da ufficiale era simile a quella da truppa con ruota a scatto libero, fanale, freno anche posteriore a filo di acciaio, parafanghi, campanello, portasciabola anteriore e borsetta porta attrezzi sotto la sella.
Non abbiamo trovato prove dell'utilizzo della bicicletta porta mitragliatrice pesante Fiat '14 o '35 nell'ultima guerra.

DIVISA ED EQUIPAGGIAMENTO
Il bersagliere ciclista portava il fez rosso, copricapo tipico del corpo, con la divisa da fatica o da libera uscita e l'elmetto per gli spostamenti in bicicletta in tempo di guerra.
Portava inoltre la mantellina al posto del pastrano, giberne senza gli spallacci (13/16) e gambali di cuoio allacciati esternamente con cinturini. Il resto della divisa era uguale a quella degli altri fanti dell'esercito. Nel 1940 venne distribuita una nuova giacca a vento con passanti per le giberne anche in versione estiva (v. tavola).
L'armamento era costituito dal moschetto '91 TS (truppe speciali) e dalla pistola Beretta per ufficiali, graduati e porta arma - tiratore Breda '30.
I componenti la squadra fucile mitragliatore portano inoltre, divise fra loro, 7 giberne per caricatori di riserva e una fiasca per olio.

mercoledì 30 ottobre 2013

Il segnalibro...

 
 
 

 
 
Disponibile dal 1° Dicembre 2013 presso la mostra "uomini in guerra"
Hotel Rocca - Cassino
 
Un segno, un ricordo, sempre con noi, all'interno dei nostri libri preferiti.


Foto del giorno....

 
 
 
 
 
Ass. LI BTG Bersaglieri "Montelungo 1943" - Ass. Historicus

lunedì 28 ottobre 2013

Opere edite da associati

 
 
Ass. Reduci del LI° btg Bersaglieri Montelungo 1943 Presentazione opere edite da associati
 
 

 
MONTELUNGO 1943- I Giorni del Coraggio-
Angelo Castellaro
ed. Bonanno editore (2010)
 
In questo libro sono racchiuse le emozioni, i fatti, i sentimenti di un giovane pulito e sereno nel dover compiere un dovere pericoloso, senza retorica né esaltazione. I fatti narrati vanno principalmente dall'8 settembre all'8 dicembre 1943, giorno in cui Castellaro fu ferito sulla spianata del Peccia. Colpisce la lucida memoria dei fatti; tra i Reduci è forse il più nitido nel narrare l'attacco del giorno 8 e poiché fu uno di coloro che andarono più avanti, il suo racconto è ricco di particolari rendendolo una testimonianza di alto livello umano oltre che storico.


 
MONTELUNGO: Il riscatto
Leone Orioli 
Bonanno Editore - 2009
Pagine: 152, prezzo: 14,00 euro, ISBN-13: 978-88-7796-444-1

È la storia di un piccolo reparto, il LI Battaglione Bersaglieri, circa trecento giovani allievi ufficiali che si opposero ai tedeschi fin dal 9 settembre 1943, il giorno dopo l’armistizio.

Nel momento dell’inerzia, della fuga dei Savoia e delle più alte gerarchie militari, del dissolvimento dell’esercito, del "tutti a casa", sul quale la storiografia ufficiale stende un velo pietoso, quei giovani non si arresero e combatterono sul fronte italiano, con gravi perdite, da Cassino a Bologna, fino a raggiungere la frontiera svizzera nel maggio 1945.

L’autore, mancato nell'ottobre 2008, con questo libro ha inteso onorare e mantenere viva la memoria dei suoi compagni, di quelli caduti e di quelli sopravvissuti.
 
 
 

NEBBIA AMICA -Dalla battaglia di Cassino alla guerra di liberazione-

di Branchi Rosolo

Editore: Memori 2007

Pagine: 225 Prezzo: € 16.00

ISBN-13: 9788889475393

La vasta letteratura esistente sulla guerra di liberazione in Italia è quasi esclusivamente dedicata alla Resistenza. Sono pochissime le pubblicazioni relative alla partecipazione di regolari formazioni dell' esercito italiano alla lotta contro i nazisti.
Eppure le cifre sono eloquenti, il contributo delle forze armate italiane dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 è stato di 86.000 caduti, 120.000 combattenti e oltre 200.000 uomini delle unità ausiliarie impegnati nelle retrovie delle armate Alleate per il funzionamento dei servizi logistici, la protezione degli impianti e i rifornimenti.
Qusto libro narra come dopo la tragica esperienza dell'armistizio, il segnale della rinascita militare italiana fu dato dalla formazione del primo nucleo dell'esercito che, con la sanguinosa conquista di Montelungo aprì agli Alleati un varco verso Cassino, inaugurando una pagina della storia della liberazione nazionale ancora oggi quasi del tutto ignorata.
 
ROSOLO BRANCHI è nato a Milano nel 1922.
Ha partecipato alla guerra di liberazione dell’Italia combattendo a fianco delle truppe anglo-americane in un regolare reparto dell’esercito italiano.
È cittadino onorario di: Legnano, Marostica, Mignano-Montelungo, Nettuno, Rocchetta a Volturno.

di Branchi Rosolo

Editore: Memori 2007

Pagine: 225 Prezzo: € 16.00

ISBN-13: 9788889475393

La vasta letteratura esistente sulla guerra di liberazione in Italia è quasi esclusivamente dedicata alla Resistenza. Sono pochissime le pubblicazioni relative alla partecipazione di regolari formazioni dell' esercito italiano alla lotta contro i nazisti.
Eppure le cifre sono eloquenti, il contributo delle forze armate italiane dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 è stato di 86.000 caduti, 120.000 combattenti e oltre 200.000 uomini delle unità ausiliarie impegnati nelle retrovie delle armate Alleate per il funzionamento dei servizi logistici, la protezione degli impianti e i rifornimenti.
Qusto libro narra come dopo la tragica esperienza dell'armistizio, il segnale della rinascita militare italiana fu dato dalla formazione del primo nucleo dell'esercito che, con la sanguinosa conquista di Montelungo aprì agli Alleati un varco verso Cassino, inaugurando una pagina della storia della liberazione nazionale ancora oggi quasi del tutto ignorata.
 
ROSOLO BRANCHI è nato a Milano nel 1922.
Ha partecipato alla guerra di liberazione dell’Italia combattendo a fianco delle truppe anglo-americane in un regolare reparto dell’esercito italiano.
È cittadino onorario di: Legnano, Marostica, Mignano-Montelungo, Nettuno, Rocchetta a Volturno.
 


Foto Ricordo dei Reduci del LI

 
LI BATTAGLIONE BERSAGLIERI AUC
 
 










La foto di oggi...



domenica 27 ottobre 2013

II° Anniversario di Montelungo, discorso del Generale Utili






1945
Miei soldati!
Ai piedi di Monte Lungo vi sono tre piccoli, lindi, solitari cimiteri di guerra semi nascosti tra i ciuffi di sterpaglia della boschina e le roccie affioranti. Uno di essi racchiude le spoglie dei bersaglieri del cunquantunesimo battaglione ed è situato proprio sull'orlo dell'incisione del torrente Peccia, esattamente là dove essi caddero e il loro sangue intrise la terra squallida; un latro accoglie le salme dei fanti del sessantasette (vi sono anche dodici ufficiali) presso a poco sulla base di partenza da cui l'otto dicembre il primo battaglione scattò per l'attacco; il terzo riunisce le rimanenti salme del quinto battaglione controcarro, dell'undicesimo reggimento d'artiglieria, del cinquantunesimo battaglione del genio, della cinquantunesima sezione di sanità e del quartier generale, in prossimità del ripiano su cui, a ridosso dei roccioni di Valle Lauro, si drizzavano le bianche tende d'ospedale dove i feriti più gravi si spensero.
Laggiù, in questo secondo anniversario e forse in quest'ora medesima, il nostro Cappellano capo Don Brumana celebra oggi la Messa al campo, in suffragio di quei primi nostri Caduti. Or è un anno noi pure fummo presenti al rito semplice e pio della rimembranza, poiché i veterani del C.I.L., in corso di riordinamento e di riarmo dopo la campagna del '44, erano attendati a poche diecine di chilometri di distanza a Piedimonte d'Alife. Quest'anno eravamo troppo lontani. Allora al posto nostro, al posto dei compagni d'arme, abbiamo fatto convenire laggiù, per quanto ci è stato possibile, le famiglie dei Caduti e in particolar modo le Madri. Non credo che ci sarà molta gente estranea ad assistere, come del resto avvenne l'anno scorso, perché i villaggi sono lontani e la regione immediatamente circostante è brulla, incoltivata, disabitata. sarà presente soltanto l'emozione di quelle povere donne in gramaglie, pellegrinanti in dure condizioni di disagio da centinaia e centinaia di chilometri di distanza unicamente per piegar le ginocchia sulle zolle sotto le quali il loro figliolo dorme per

sempre, per sfiorare con una timida carezza il legno grezzo della sua croce, per deporvi, finalmente, un bacio e un fiore, per mormorare con labbra tremanti una preghiera. E forse incomberà su di Esse come in quel giorno un cielo triste, raffiche di vento spingeranno cortine di nebbie biancastre nel fondo umido della valle e sulle gobbe del monte, oppure nuvole basse e grevi stilleranno una gelida pioggia sulla terra cruda, ischeletrita, inospite; così apparirà alle Dolenti l'identico paesaggio e la stessa atmosfera che avvolse il loro caro nell'ora della morte. O forse invece riderà il sole nell'effuso azzurro e ad Esse parrà che il loro fanciullo ascenda in un volo d'angeli al trono di Dio; e tenderanno le braccia alla visione in un vano, tenero e struggente anelito d'amore.
Ho detto che credo anzi spero che non si pronuncieranno discorsi laggiù, i quali non potrebbero mai toccare toni così alti come richiederebbe il sacrificio di quei morti e soprattutto il sacrificio dei vivi, di quelle Mari superstiti. Anche a quelli tra voi che furono presenti a Monte Lungo l'otto dicembre del quarantatre le parole della rievocazione sono del pari superflue, perché quella giornata voi la rivivete nei vostri cuori. Io parlo per i miei vecchi compagni del C.I.L., per coloro che sopraggiunsero con me dopo il quindici gennaio del quarantaquattro, perché riflettano che senza l'eroismo dei pochi di Monte Lungo il C.I.L. non sarebbe stato. Parlo per i miei vecchi soldati della "Legnano" perché considerino che senza le migliaia di combattenti del C.I.L., prima poche e poi molte, le decine di migliaia dei gruppi di combattimento non sarebbero state. Parlo infine per i miei soldati più recenti, per quelli che giunsero tra noi dopo l'otto di maggio, perché riflettano, considerino e ricordino che senza le prove dei gruppi di combattimento forse ancora oggi sarebbe all'Italia contestato il diritto morale, e quindi la speranza, di un proprio esercito rinnovato.
Il primo raggruppamento motorizzato contava appena tremila uomini di fanteria; due battaglioni del sessantasette, un battaglione di bersaglieri allievi ufficiali di complemento e un piccolo battaglione controcarro. Gli artiglieri erano poco più di un migliaio: altrettanti ne contavano il genio e i servizi. Nel complesso la forza totale superava di poco i cinquemila uomini.
Questo contingente costituiva il nostro massimo sforzo militare che gli Alleati erano disposti ad autorizzare in quel momento. Tale limitazione aveva per noi un grave ed amaro valore politico poiché, secondo il noto telegramma di Quebec, le dure condizioni di armistizio avrebbero potuto essere attenuate soltanto in proporzione all'apporto che il governo italiano e il popolo italiano avrebbero saputo dare alle nazioni Unite nel corso della guerra contro la Germania. ma la limitazione aveva anche e soprattutto una sua ragion d'essere sentimentale; era fin troppo umano e naturale in quel momento che gli Alleati nutrissero ancora diffidenza e rancore contro di noi. E toccava proprio al soldato italiano di rimontare quel gravissimo "handicap" iniziale con le buone qualità che avrebbe saputo affermare in un primo effettivo cameratismo d'armi.
Un'ardua difficoltà fu quella di racimolare i materiali di armamento e soprattutto di equipaggiamento indispensabili per una rappresentanza, pur così esigua. Nel territorio appena liberato, dove industrie belliche non esistevano o erano del tutto inefficienti, tutte le scarse residue riserve dei nostri magazzini militari erano rigorosamente bloccate dagli Alleati; non potevamo toccare nulla. Erano i mesi nei quali, mentre noi ne avevamo tanto bisogno, nostre artiglierie, quadrupedi, automezzi passavano ai Francesi della Corsica, nostre scarpe, uniformi, oggetti di corredo venivano cedute agli Iugoslavi. Bisognava mettere a contributo ancora una volta la tradizionale modestia di bisogni del soldato italiano.
Quando il raggruppamento a noi parve approntato e gli spiriti erano impazienti di misurarsi col nemico, di ardere magari in una sola fiammata per di dare inizio al nostro riscatto morale, le autorità militari americane si mostrarono preoccupate della reale efficienza di questa unità e prima di impiegarla vollero vederci chiaro con una serie minuziosa di indagini e di controlli. Questi scrupoli erano anche troppo giustificati, ma come mortificante per la nostra passione e per la nostra miseria quel mettere a nudo una inferiorità materiale che, ben lungi dall'attirarci in quel momento il conforto di una comprensione cordiale e di un aiuto pronto e concreto, non faceva che rafforzare lo scetticismo sul nostro conto e minacciava di pesare su di noi come una condanna all'iniziazione definitiva! E intanto le settimane passavano e l'entusiasmo affievoliva, logorato dal dubbio interiore se si sarebbe o no combattuto, corroso dal veleno di un disfacimento morale che sembrava diffondersi senza rimedio nelle popolazioni del sud.
Finalmente prevalse il criterio di far credito alle nostre insistenze e l'impiego del raggruppamento venne deciso; ma le condizioni stesse nelle quali venne realizzato, isolandolo nello spazio e nel tempo, mettevano candidamente in risalto il suo carattere di esperimento. In sostanza si disse agli Italiani: andrete in linea, vi daremo un obbiettivo, vi vedremo alla prova. Questa prova è stata Monte Lungo.
Monte Lungo è una dorsale isolata, a tre gobbe, orientata nel senso dei meridiani; ha il vago aspetto generale di un enorme cetaceo in emersione. Uscendo in faccia ad esso dal profondo della stretta di Mignano, la via Casilina e la ferrovia l'abbracciano dai due lati. E' una spina che s'investe colla punta nella stretta, come il tappo nel collo di una bottiglia. Bisognava sloggiare di là i panzergrenadire, dopo di che sembrava non ci fossero più ostacoli per dilagare nella pianura e investire lo sbarramento di Cassino.
Fu detto agli Italiani che le posizioni già conquistate serravano Monte Lungo in una morsa: in altre parole, che il collo della bottiglia era già tutto nelle mani degli Alleati. Questo non era esatto; come poi si vide e costò piuttosto caro. D'altronde gli Italiani non ebbero il tempo né l'opportunità di assicurarsene perché, a garanzia che i tedeschi non si accorgessero del cambio, furono portati in linea all'ultimo momento. Nell'alba incerta dell'otto dicembre una formidabile preparazione dell'artiglieria americana percosse le posizioni nemiche; dopo, improvviso, sopravvenne il silenzio. Ed ora, Italiani, a voi!
Quaranta pezzi dell'undicesimo artiglieria apersero contemporaneamente e a celere scadenza il loro tiro d'appoggio. Il primo battaglione del sessantasette ed una compagnia bersaglieri si avventarono all'attacco con impeto garibaldino; gli uni direttamente per la cresta, gli altri, avvolgendo da ovest, lungo la ferrovia per la valle del Peccia. Fu come gente che chiudesse gli occhi e si gettasse risolutamente nel rogo a purificarsi col sacrificio proprio della Patria umiliata; molti con ingenuità eroica sventolavano il tricolore. Dagli osservatori circostanti i soldati americani ne seguivano con febbrile interesse i progressi ammirando quel romantico ardore; i fanti giunsero sull'obbiettivo. Proprio allora, per disdetta, certe cortine di nebbia che avevano fiancheggiato e mascherato l'attacco si diradarono all'improvviso; e da tre lati: da nord, da est e da ovest, dalla profondità della posizione e dai fianchi che si ritenevano sicuri proruppe inattesa e violentissima la reazione. Su in cresta le sagome degli assaltatori si stagliavano scure contro il cielo; sui due versanti si proiettavano contro lo scoperto pendio; sotto il fuoco concentrico non c'era possibilità di riparo. Gli attaccanti dovettero arrestarsi; poi tennero duro con eroica ostinazione; ma alla fine, sotto minaccia di distruzione totale, i superstiti furono costretti a ripiegare.
Dopo pochi giorni l'attacco venne ripetuto ma, questa volta, nel quadro di una azione generale. Com'era logico riuscì; il tricolore sventolò sulla vetta più alta e più in là; ed ebbero pace i nostri morti.
Questo, senza l'enfasi della retorica, è stato il combattimento di Monte Lungo. Non è un modello d'arte militare e nemmeno si potrebbe sostenere che abbia avuto un peso di qualche rilievo sul complesso delle operazioni. Impegnò direttamente poco più di mille uomini e di essi quasi la metà non tornarono: per noi che vedemmo ben altre ecatombi il suo significato materiale non trascende il valore di un episodio. Tuttavia, per il suo valore ideale io sono convinto che il combattimento di Monte Lungo appartenga non alla cronaca ma alla storia d'Italia e che perciò non sarà più dimenticato. Poiché esso permise che si diffondesse nel mondo la notizia che per la prima volta nella seconda guerra mondiale i soldati italiani si battessero a fianco dei soldati alleati, si battessero con impeto e con saldezza; i primi che fossero tornati in piedi, vincendo l'amarezza e lo sconforto, offrendo lo strazio delle proprie carni all'espiazione di errori funesti di cui non si sentivano colpevoli; con una esaltazione romantica di cui soltanto chi ha letto brani di diari prima della battaglia e testamenti spirituali di alcuni di quei Caduti può rendersi conto con emozione sincera. Molti di questi giovani non avevano maturato lentamente nuove convinzioni politiche, erano stati davvero sorpresi e disorientati dalla crisi tragica del loro Paese; ma senza indugiare ad indagarne le cause non ne constatavano che gli effetti e cioè un'Italia divisa, straziata, umiliata, una realtà fisicamente insopportabile contro la quale bisognava insorgere subito, in qualunque modo e a qualunque prezzo. Perché questa Italia potesse risorgere, rigenerasi e rinnovarsi, non per loro ma per quelli che sarebbero sopravvissuti, sdegnando perfino di riflettere a quali mete avrebbe poi dovuto indirizzarsi, questi giovani, nell'impulso generoso di un cuore di vent'anni, nell'istinto elementare di una nazionalità plurimillenaria, compresero una cosa sola: che bisognava battersi e morire. Che battersi e morire non fosse una cosa inutile per uno scopo assai più importante che non la quota trecentoquarantatre di Monte Lungo, presa, perduta e poi riconquistata, ce lo dice il messaggio del Generale Clark, comandante della 5° armata americana, con queste parole: "Questa azione dimostra la determinazione dei soldati Italiani di liberare il loro Paese dalla dominazione Tedesca, determinazione che può ben servire d'esempio a tutti i Popoli oppressi d'Europa". Il combattimento può non avere avuto un'importanza militare; ma questo commento aveva invece una chiara e confortante significazione politica.
Miei soldati!
Io ho ritenuto che premiare pubblicamente coloro di voi che si sono distinti durante la campagna di liberazione questo anniversario fosse il più indicato; perché mi ha permesso di rendere omaggio a coloro che noi consideriamo i nostri pionieri spirituali e perché mi permette di affermare ancora una volta che la tradizione di questa nostra "Legnano" si riallaccia, attraverso il C.I.L., al primo raggruppamento motorizzato. "Legnano", primogenita dell'esercito rinnovato! Io vi do atto che davanti a Bologna siete stati fieramente degni di questa primogenitura.
Siatelo ancora oggi nel servizio di pace, siatelo soprattutto domani nella vita civile alla quale ritornerete. Siatelo nella consapevolezza che avete acquistato che nulla si realizza senza sacrificio; che nulla si realizza senza lealtà, senza sincerità; senza generosità; che nulla si realizza se non si ha il coraggio di bruciare come scorie ogni egoismo, ogni vanità personale, ogni gelosia meschina.
Io ringrazio per vi il Generale Heydemann, nostro comandante militare, che ci ha fatto l'onore di essere presente tra noi in nome della fratellanza d'armi che saldamente e lealmente ci lega ai valorosi eserciti delle Nazioni Unite.
Io ringrazio per voi le autorità della provincia e della città ed i cittadini di Bergamo i quali assistono con attento e reverente consenso a questa sagra del valore; mettendo bene in evidenza che si tratta di buoni giudici in materia di valore, dura ferrea gente bergamasca che nell'epoca del Risorgimento nazionale, come nella prima grande guerra, come nella lotta clandestina per la liberazione ha costantemente affermato la singolare solidità della sua tempra.
Ringrazio infine e rivolgo un caldo saluto alle formazioni partigiane della terra bergamasca ed al loro valoroso comandante colonnello Buttaro, di cui il quattro novembre scorso ascoltammo con fiera emozione la nuda, scolpita parola rievocatrice. Ci sia lecito di rendere oggi pubblicamente omaggio di ammirazione, di riconoscenza, di fraterno amore ai loro valorosi Caduti che, al di qua della linea dei Goti come i nostri compagni al di là, eroicamente donarono il sangue e la vita per una causa comune.
Sulla base della sicura conoscenza che io ho dei moventi spirituali della mia gente, sulla base ancor più eloquente e concreta delle cifre (tremila dei miei uomini tra morti, mutilati e feriti che ho lasciato lungo la strada da Cassino a Ponti sul Mincio) io sono convinto che, partigiani e soldati, siano stati degni gli uni degli altri; nella severità del sacrificio come nella purezza degli intenti.
La quale purezza si riassume, praticamente, in un concetto: servire in umiltà e in abnegazione la Patria così in pace come in guerra.


Tratto da:
di Giuseppe Gerosa Brichetto

sabato 26 ottobre 2013

L'Arpa Birmana...



L'arpa Birmana...

«
 Rossi come il sangue sono i monti e le terre della Birmania. »
(Scritta in apertura e chiusura del film)
Birmania, luglio 1945: un gruppo di soldati giapponesi in ritirata nella giungla tenta di raggiungere il confine con la Thailandia. Il giovane Mizushima, per tenere alto il morale dei commilitoni, si fabbrica un'arpa e canta motivi tradizionali della propria terra. Quando giunge la notizia della capitolazione del Giappone e della fine della guerra, Mizushima accetta la missione di far arrendere un gruppo di fanatici suoi compatrioti che, rifugiatisi in una caverna, hanno deciso di continuare a combattere. Il soldato viene trattato da vigliacco e da traditore quando tenta di spiegare al comandante che, scaduto il termine imposto dagli alleati, la caverna verrà bombardata. Allo scadere dell'ultimatum, molti muoiono sotto il fuoco dell'artiglieria. Mizushima rimane ferito, un prete buddista lo raccoglie e cura le sue ferite dandogli una lezione di umanità. Mizushima decide allora di non ricongiungersi con i commilitoni e di diventare bonzo, per dare onorevole sepoltura ai corpi dei compatrioti morti. Quando i commilitoni lo riconoscono e gli chiedono di tornare con loro, egli imbraccia l'arpa e intona il "canto dell'addio". Mizushima lascia ai compagni anche una lettera di addio, che contiene queste parole:
« Ho superato i monti, guadato i fiumi, come la guerra li aveva superati e guadati in un urlo insano.
Ho visto l'erba bruciata, i campi riarsi... perché tanta distruzione caduta sul mondo?
E la luce mi illuminò i pensieri.
Nessun pensiero umano può dare una risposta a un interrogativo inumano.
Io non potevo che portare un poco di pietà laddove non era esistita che crudeltà.
Quanti dovrebbero avere questa pietà! Allora non importerebbero la guerra, la sofferenza, la distruzione, la paura, se solo potessero da queste nascere alcune lacrime di carità umana.
Vorrei continuare in questa mia missione, continuare nel tempo fino alla fine. »
Il filosofo 
Aldo Capitini, nel suo saggio La compresenza dei morti e dei viventi (1966), ha scritto che «religioso indubbiamente è nell'Arpa birmana il contrasto tra il piacevolissimo ritorno dei reduci alle cose semplici e quotidiane della vita e la missione di chi resta, solo e piangente, a seppellire i soldati morti»




sabato 19 ottobre 2013

Risposta ai lettori

Rispondiamo pubblicamente a tutti i lettori, amici e associati che ci hanno chiesto informazioni su alcuni loghi presenti nel nostro Blog.
Come sapete l'Ass. LI° Btg. Bersaglieri A.U.C. "Montelungo 1943" in occasione del 70° Anniversario della Battaglia di Montelungo ha voluto organizzare una serie di eventi per far conoscere quello che avvenne lungo la Winter Line nel 1943 ed in particolare il sacrificio dei soldati Italiani sulle colline di Montelungo.

Quel sacrificio è stato vissuto in silenzio per tanti anni da coloro che vi combatterono ed è rimasto un ricordo vivo nelle popolazioni delle zone dove avvenne.

L'Ass. LI° Btg. Bersaglieri A.U.C. "Montelungo 1943" che accoglie reduci di quella battaglia, parenti e figli, ha voluto aprire le sue porte ed accogliere tutte le persone che animate dal sano spirito Bersaglieresco hanno chiesto di potersi associare o di collaborare.
Sono Associazioni, Imprese private, uomini, donne, ragazzi, che dedicano il loro tempo libero a leggere, a documentarsi, ad organizzare eventi,  a costruire, a scavare.

Da questa comunione d'intenti ne è nato un gruppo che può essere racchiuso in tre sigle di Associazioni, che alcuni di Voi non conoscono e che, grazie alle Vs. domande, presentiamo in questo spazio sul NOSTRO BLOG, queste associazioni, insieme alla nostra hanno un proprio logo che le rappresenta.



L'Associazione Historicus, che la sua sede a Caspoli, nel comune di Mignano Montelungo, da anni svolge su territorio un lavoro prezioso e immenso nella sua mole; si occupa in particolar modo di mantenere viva la memoria di ciò che accadde nella Battaglia di Monte Camino e Montelungo.
Ha raccolto testimonianze, catalogato foto, reperti, ha restaurato postazioni difensive abbandonate da decenni, ha scoperto e valorizzato i sentieri utilizzati dalle opposte fazioni per combattersi, ed oggi accompagna reduci, appassionati, figli di reduci lungo quelle vie, per far rivivere quello che accadde in quei giorni. Siamo orgogliosi di averli a fianco a noi, li abbiamo visti pulire, scavare, restaurare, tagliare sterpi e rovi sotto il sole cocente nella scorsa Estate ed emozionarsi con noi alla sola vista di un piccolo ricordo di un soldato che la terra ci ha donato a distanza di 70 anni. Saranno presenti nelle giornate della manifestazione con tutta la loro organizzazione ed accompagneranno gli studenti che interverranno alla scoperta dei sentieri delle battaglie. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il loro sito andando nella sezione "siti consigliati" del nostro blog.


L'Associazione Higway Six, di cui il nome vuole ricordare la S.S. 6 Via Casilina, la via principale scelta dagli alleati per raggiungere e liberare Roma, con sede a Colonna, in provincia di Roma, racchiude al suo interno decine di appassionati di veicoli militari d'epoca e non solo.
Sono donne, uomini e ragazzi che dedicano tutta la loro passione, tutti i loro risparmi a recuperare, restaurare e rendere efficienti mezzi utilizzati durante il secondo conflitto mondiale.
La loro passione li porta a ricercare e documentare ogni dettaglio al fine di rendere sempre più vera la loro rappresentazione.
Vivono questa passione ogni giorno della loro vita, non è solo una ricorrenza che deve essere onorata è parte integrante della loro giornata. 
L'Ass. LI° Btg. Bersaglieri A.U.C. "Montelungo 1943" ha avuto modo di conoscerli durante le fasi iniziali di costruzione del progetto e li ha visti subito condividere un sogno, farlo proprio, dando suggerimenti, idee, impegnando risorse e uomini per ben figurare in quei giorni e rendere gli onori alle persone e alle città.

Il loro coinvolgimento è stato così forte che hanno pensato di offrirci la loro mostra sulla Jeep Willys che tutti potranno osservare durante i giorni della manifestazione insieme ad un veicolo originale mai toccato prima e che tengono gelosamente presso la loro sede.
L'amicizia con l'Highway Six cresce ogni giorno e ci porterà a far conoscere le vicende degli eroi di Montelungo in altre rievocazioni storiche aumentando di fatto il numero delle persone che decideranno di andare a visitare il Sacrario, Montelungo e la città di Mignano.
La sala della memoria che l'Ass. LI° Btg. Bersaglieri A.U.C. "Montelungo 1943" insieme con l'Ass. Historicus stanno costruendo, seguirà l'Higway Six ogni volta che ne faranno richiesta.
In questo sta la bellezza del nostro incontro e nell'unione di intenti che abbiamo. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il loro sito andando nella sezione "siti consigliati" del nostro blog.





La Sezione Bersaglieri "LI A.U.C." di Mignano Montelungo (CE) da anni è al nostro fianco, sono nostri fratelli e condividono da sempre lo spirito Bersaglieresco.
Dobbiamo alla loro presenza attiva sul territorio le opere che ricordano il sacrificio dei soldati Italiani sulle colline di Montelungo. Sono parte attiva di ogni nostro progetto sul territorio e condividono con noi ogni raduno dei Bersaglieri per portare in ogni luogo dove corrono le piume il messaggio di Montelungo.
Per ulteriori informazioni è possibile consultare la loro pagina Facebook chiedendo amicizia.




L'Hotel Rocca sta rappresentando per noi la realizzazione di un sogno. Abbiamo condiviso con loro fin da subito gli ideali e la loro voglia di diventare un punto di riferimento e di sosta per coloro che volevano conoscere la storia di Cassino e delle città martiri vicine.
Le possibilità che ci sta offrendo l'Hotel Rocca sono per noi uniche; ricettività, ambienti confortevoli, sale convegni e sale riunioni, parcheggi custoditi ed un parco di 70.000 mq.
L'Associazione ha subito accolto le loro idee ed i loro programmi ed in particolare la loro voglia di far conoscere ai giovani delle scuole quanto accaduto settanta anni fa.
Ci siamo messi subito a disposizione per creare un'evento che potesse andare incontro alle loro esigenze ma allo stesso momento raccontare dei ragazzi di Montelungo.
Ne è nata questa collaborazione che ha trovato subito adesione nelle altre associazioni che man mano hanno conosciuto lo spirito dell'Hotel Rocca.
Questa è la sana imprenditoria Italiana, che vuol fare turismo, cultura e far riprendere l'economia.
Sono i nostri nuovi amici e con loro sappiamo che non avremo limiti nel fare e nel creare anche nel futuro.
Per ulteriori informazioni sulle attività dell'Hotel e per eventuali prenotazioni è possibile consultare la loro pagina web andando nella sezione "siti consigliati" del nostro blog.

Speriamo con questo di aver fatto chiarezza e di aver risposto a tutte le vostre domande.

Un saluto Bersaglieresco a tutti.

La direzione del Blog.