“Alle 6 nella stazione di Bari Bedina scopre che cos’è
accaduto la sera prima, ripensa ai mortaretti.
A Bitonto, sede del LI battaglione
bersaglieri d’istruzione, il tenente colonnello Trapani lo accoglie sarcastico:
bravo lo scemo, perché non sei rimasto a Milano?
Se lo chiede anche il
ragionier Eugenio.
Ma a Milano che cosa avrebbe combinato? Lui ha smesso di
esser fascista dal giorno della dichiarazione di guerra, tuttavia non può dirsi
neppure antifascista.
Elucubrazioni e rimpianti vengono interrotti da una
telefonata concitata del generale Amato, comandante della 209a divisione
costiera: servono rinforzi per strappare il porto di Bari ai tedeschi.
I
bersaglieri se la sentono? Tradotto in soldoni: da che parte stanno i
bersaglieri del LI? Il tempo per rispondere è quello di una moneta che vola per
aria.
Testa o croce? Con il re o con Hitler? Trapani dà l’ordine di partenza
immediata.
L’ora necessaria, cioè, a caricare armi, munizioni e uomini.
La 3a
compagnia rinuncia alle moto, la 1a alle biciclette. Si va di fretta con tutto
quello che c’è di reperibile a quattro ruote.
Alle 17 il battaglione prende
posizione attorno al porto. Le velleità germaniche sono state già piegate
dall’intervento di altri militari italiani, ma dentro resistono trecento
granatieri.
Le voci più disparate li descrivono pronti a tutto, decisissimi a
non mollare. Si odono rari colpi di fucile.
La 2a compagnia viene designata per
l’attacco. Bedina si torna a chiedere che cosa sarebbe stato di lui se fosse
rimasto a Milano.
Si arrendono, si arrendono… L’urlo precede la comparsa del drappo bianco nelle
postazioni tedesche.
I bersaglieri con il dito sul grilletto assistono alla
sfilata degli ex camerati.
La 2a compagnia li scorta fino alla stazione per
caricarli sul treno diretto a Foggia, le altre due rastrellano il porto. Viene
rinvenuto il cadavere di un sottufficiale.
Il LI è di nuovo in guerra.”
Brano tratto dal libro di Alfio Caruso, "In Cerca di una Patria"
Longanesi.
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