24 maggio 1915, L’Italia entra in Guerra,
nella prima grande
Guerra.
Sono già iniziate in tutta Italia le manifestazioni in
ricordo dell’ingresso dell’Italia nel conflitto il 24 Maggio 2015 e
presumibilmente proseguiranno fino al 2018.
Lo scorso anno il nostro Blog si è interessato con alcuni
Post a questo tema e personalmente in questo anno e mezzo ho riscoperto questo
conflitto cercando di leggere tutti i libri più interessanti che venivano
pubblicati e cercando quelli più rari,
vecchie edizioni che furono censurate nella loro prima uscita e
poi di nuovo censurate durante il secondo conflitto mondiale.
Di fronte a queste migliaia di pagine, a tutti questi
racconti, mi sono sentito come un bambino che guarda per la prima volta il mare
e vede in lontananza i marinai sulle barche.
Quei marinai sono coloro che hanno già iniziato il viaggio
della conoscenza di questo grande conflitto e ne conoscono le rotte ed i venti.
Ma se in questa fase del percorso di conoscenza mi sento
sulla riva, c’è un aspetto che mi fa sentire vicino a loro, un aspetto che ho
scoperto leggendo da anni libri sulla Seconda Guerra Mondiale, una sensazione diversa, che matura nel corso
del tempo, che scorre come le parole nei racconti dei reduci, come le immagini
in bianco e nero che accompagnano ogni conflitto e gli altri segni del loro
passaggio.
Una sensazione che provi ogni volta che conosci gente nuova,
camminando sulla riva del mare della conoscenza.
Gente che condivide il tuo stesso desiderio e che non si
trova lì per caso; con questa gente inizi a condividere tutto, un racconto, un
emozione, un idea, un progetto, la voglia di onorare e ricordare e la voglia di
affrontare insieme con gli altri il mare.
Con questa gente ci si creano associazioni, equipaggi di
navi, dove ognuno contribuisce per la propria esperienza.
E quando sei finalmente in mare aperto, sulla barca e sai
cosa fare, ti accorgi che il messaggio che ti hanno trasmesso, nei libri e nei
racconti, coloro che sono tornati dalla guerra e coloro che non sono tornati e
riposano sotto bianche croci, è lo stesso che senti dentro di te.
Il messaggio dice che siamo un esercito di gente comune che combatte,
richiamata dalla vita personale, per diventare quello che ci accorgiamo di
essere, mentre osserviamo gli altri parlare insieme di storia, al tramonto mentre
la barca lenta procede al soffio del vento:
che dall'essere solo “io” prediamo coscienza e diventiamo “Noi”.
E’ questo sentirsi “Noi” che ha sempre vinto sulla guerra,
che ha tenuto vivi i morti ed unito i reduci.
Le guerre nascono quando alcuni uomini sono convinti sulla
superiorità del proprio “io”, un super
uomo che deve attrarre verso di se fama e ricchezza senza curarsi degli altri.
Pensare al 24 Maggio è pensare che il mito del super “io” ha
resistito a due guerre mondiali, che non è stato ancora battuto, che siamo circondati da uomini che vedono solo
il proprio "io" e tutto il resto non conta.
Politici da quattro soldi; industriali che sognano la
rivoluzione industriale del '700 per vincere la competizione; la dignità
barattata e svenduta per proprio rendiconto; la corruzione a tutti i livelli
per possedere sempre di più, per essere sempre più "io"; dominatore
del mondo e degli uomini, creatore dei bisogni e dei sogni per il solo consumo.
A questo punto della mia vita, con la poca esperienza fatta
nello studio di questa grande Guerra e con la conoscenza acquisita del secondo
conflitto mondiale, sto perdendo sempre di più il mio “io” per ricercare il
“noi”.
Sono felice, perché mi accorgo di condividere e non
sottrarre, perché non siamo “io” in cerca di potere e gloria ma “noi” che cercano di tramandare agli altri, che verranno dopo, il messaggio che
altri “noi”, fatti di operai, contadini, insegnanti, studenti, medici,
falegnami, fabbri, ci hanno lasciato dal profondo di una trincea piena di
fango.
E’ questo il grande insegnamento che questo conflitto mi sta
lasciando, mentre la barca rientra lentamente nel porto e chiudo l’ultimo libro
acquistato sulla Grande Guerra.
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